Anticipi di giornalismo adattivo

in #giornalismo6 years ago

Cliccate un articolo su Facebook. Il collegamento si apre. Può capitare, specie in pagine con certe dimensioni, che l’articolo mostra un titolo diverso rispetto a quello visualizzato su Facebook. Che succede?

Giorni fa avevo notato la cosa prima di scrivere un articolo e non avevo fatto caso alla cosa più di tanto. Non mi sento nemmeno sicuro se la pagina della questione aveva usato la tecnica che andrò a descrivere.
Ieri una persona ha detto che stava facendo un progetto, oramai bloccato per ragioni saltate, per conto di una nota testata giornalistica italiana. Come obiettivo aveva mostrare titoli diversi (ed immagine principale) di articoli a seconda del soggetto. Come vengono segmentizzati o profilati o suddivisi gli utenti? Tramite i cookie. Ad esempio, se visito la Gazzetto dello Sport, esso mi rilascerà un cookie, se visito AlVolante un altro, e così via.
Per una definizione più dettagliata di cookie, riporto la versione di AltroConsumo:

I cookie sono file di testo che contengono pacchetti di informazioni che vengono memorizzati sul tuo computer o sul tuo dispositivo mobile tutte le volte che visiti un sito online attraverso un browser. Ad ogni successiva visita il browser invia questi cookies al sito web che li ha originati o ad un altro sito. I cookies permettono ai siti di ricordare alcune informazioni per permetterti di navigare online in modo semplice e veloce.
Ci sono due principali tipi di cookie: i cookie di sessione e cookies permanenti. I cookie di sessione vengono eliminati dal computer automaticamente quando chiudi il browser, mentre i cookie permanenti restano memorizzati sul tuo computer a meno che non siano eliminati o raggiungano la loro data di scadenza.

Perché tutto ciò? Vari motivi. Il cliente vuole attrarre più lettori, vuole attrarre più traffico che visualizza e/o clicca sui banner. Quali tipi di quest’ultimi vengono mostrati, dipende nuovamente dai cookie. Quindi se a monte si riesce a catturare di più l’attenzione di certe persone, si saprà anche cosa conviene mostrargli come pubblicità.
Inoltre, la lettura di certi contenuti dipende anche da con quale titolo vengono confezionati. Per capirlo basta farsi una passeggiata fra i titoli delle pubblicazioni accademiche e confrontarli con le possibili proiezioni divulgative. Un esempio: se, magari, sul lato accademico leggo “Osservazioni sul propulsore al plasma”, su una rivista scientifica potrei leggere “Promettenti novità sul motore al plasma”, su una rivista di gossip potrei leggere “Questo motore al plasmon ci manderà su Marte in 30 giorni!”. Si tratta, appunto, di gruppi diversi con riflessi neuro-semantici differenti. Gli autori di libri self help questo lo sanno.

Conclusioni

Delle domande possono sorgere. Si sa già che gli utenti tendono più a condividere a causa del titolo che per il contenuto. Una strategia come il giornalismo adattivo potrebbe aumentare il fenomeno, soprattutto se viene utilizzato per certi fini. Tuttavia chi programma certi algoritmi, che hanno alla base l’apprendimento automatico, sa già quali cookie possono suggerire un lettore che va oltre il titolo. Ma, appunto, l’uso di questi algoritmi dipende dai fini del cliente. E in un clima di crescente politicizzazione e polarizzazione, i fini mi sembrano piuttosto chiari.

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Oramai è cosa tristemente nota. Il giornalista fa il pezzo che comprende anche il titolo. Ma poi esiste da anni la figura del "titolista" che si occupa esclusivamente del titolo e dell'occhiello e/o sommario. Presumo che questo si debba leggere l'articolo per rifarne uno più clickbait, ma siccome spesso il titolo non rispecchia per nulla il contenuto qualche dubbio viene.

Poi ci sono quelli che riscrivono in chiave politica. L'altro giorno titolo sulle sanzioni UE all'italia per le acque reflue. Nell'occhiello" a Roma 30 milioni" che faceva intendere al comune di Roma, ed invece leggendo l'articolo Roma era intesa come capitale italiana, cioè l'Italia. Inutile dire che il giornale in questione è filo renzista e anti 5s.