Il gioco

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Le sue mani si muovevano abilmente per scegliere sempre il bottone esatto da premere in ogni circostanza, i suoi occhi oramai color cremisi continuavano a seguire le azioni sullo schermo, incrociandosi tra loro in maniera fastidiosa, ciò nonostante lui continuava a giocare la sua partita. Era praticamente un colpo perfetto, non ne aveva mai avuto la possibilità in tutta la sua breve vita.

La sua vita infantile è passata molto in fretta, i suoi ricordi da bambino sono stati bombardati a tappeto dai traumi dell’adolescenza, dal risveglio ormonale che l’ha colto di sprovvista e che la trasformato in una macchina assetata, un bisogno implacabile che lo travaglia. La sua rendita scolastica è peggiorata notevolmente, ha sempre un fare litigioso con i suoi premurosi genitori, ma non riesce ad arrestarsi, una scheggia impazzita.

L’unico sedativo al suo desiderio ribelle e al suo comportamento belligerante è quel gioco, il suo passatempo preferito. Ha passato così tanto tempo di fronte a quella macchina che giocare è divenuta la sua professione, mentre adesso è studente solo nel suo tempo libero.
Ha quasi abbandonato gli studi, tanto che i genitori hanno ricevuto una notifica che li avvertiva del suo assenteismo con l’obbligo di ripetere l’anno. I suoi genitori, all’apprendere la notizia, si sono tramutati nell’esatto opposto della loro natura gioviale e cortese, impedendogli di uscire fin quando lui non deciderà di assumersi le proprie responsabilità per crearsi il suo futuro. Ma lui non resisteva, ardeva dal bisogno di sfogare ogni impulso dentro di sé, e con quel gioco lui riusciva perfettamente.

La sera, di nascosto, sgattaiolava fuori dalla finestra del secondo piano e con furtività scendeva dal tetto del garage e aggirava il severo e rigoroso monitoraggio dei genitori. Si allontanava di fretta in direzione della sala giochi, il suo posto sicuro. Lì risiedeva quello che per il suo breve vissuto riteneva essere l’amore, il suo dolce tesoro tecnologico.

Spensierato saltellava su e giù lungo la strada che conduce alla sala giochi, con un solo e unico pensiero nella testa. È alla stregua di uno stupefacente, non riesce a pensare ad altro che a giocare con quella macchina, riesce ad immaginare perfettamente la sensazione che prova quando solleva la levetta, quando sfiora i tasti, quando inserisce il suo gettone dentro la fessura. E mentre la sua mente ancora vagava, già si trovava di fronte alla porta girevole all’ingresso della sala giochi, della sua sala giochi. La sua nuova casa puberale.

C’era sempre da aspettare per la possibilità di giocare, ma ne valeva ogni volta la pena. Si approcciava gioco dopo gioco al suo preferito, tenendo sempre sotto osservazione il campo per poter essere il prossimo ad impossessarsene e non lasciarlo mai più.

La scoperta del suo gioco preferito è stata come un amore a prima vista, una fioca luce irradiava le figure di cartonato che adornavano la macchina e i suoi piedi oramai puntati si diressero verso quel gioco. Iniziò a giocarci dimenticandosi degli amici con cui era arrivato, dei genitori che lo aspettavano a casa. Tutto nella sua mente veniva annichilito dal gioco, era la sola e unica cosa sulla quale dovesse rimanere concentrato. Ogni volta che concludeva una partita, pronto a rigiocare quella successiva, il suo sguardo veniva catturato da quel nome altisonante che appariva sul podio, alla prima posizione nella classifica dei record.

“20ANNA02”. Un palindromo bizzarro che era giorno dopo giorno sulla vetta della classifica, e per quanto si sforzasse non riusciva mai a cambiare il fatto. Perdendoci sangue e sudore era riuscito a raggiungere il secondo posto, ma il primo sembrava ancora lungo da raggiungere, una distanza chilometrica che lo separava dal coronamento dei suoi desideri attuali.

Ed eccolo davanti allo schermo, per l’ennesimo tentativo. La sua partita perfetta era quasi completa, mancava l’ultimo livello a regalargli la gioia di cui lui necessitava, sapeva che ottenere il suo obbiettivo avrebbe placato il suo spirito, sarebbe tornato il ragazzo di sempre. In quel preciso momento stava varcando la soglia della sala giochi un’incantevole creatura, avrà avuto la sua stessa età. Il suo sguardo venne attirato dall’avvenente ragazza che camminava lungo la sala, distraendolo completamente dal suo vitale affare. Una piacevole distrazione finché la ammirava, ma che gli costò il lavoro di tutta la giornata. Sconsolato riprovò qualche altra partita, senza successo.

L’indomani diede il suo massimo e finalmente, dopo innumerevoli tentativi, riuscì a superare lo scoglio, si trovò in testa e in lui montò una felicità esplosiva, tanto che si mise ad urlare. Lo sguardo dell’intera sala si proiettò verso di lui e nell’imbarazzo scappò verso l’uscita.

BOOM! In un momento si ritrovò in terra, avvertiva un dolore lancinante alla testa e aveva la vista un po’ annebbiata. Dopo aver ripreso il pieno controllo dei sensi si accorse di aver sbattuto contro la testa di quella splendida creatura dalla quale era stato distratto il giorno precedente. Di slancio si è prodigato ad aiutarla e ad umiliarsi nel domandarle le sue più che sincere scuse. La ragazza gli regalò uno splendido sorriso e lo invitò a sdebitarsi offrendole un gelato.

Passarono una magnifica giornata insieme, lui non ricordava nemmeno più quanto fosse piacevole un sano contatto con altri esseri umani, e lei costituiva il perfetto esempio di quanto fosse bello socializzare, liberarsi dalla schiavitù della tecnologia che lo opprimeva fino a pochi istanti fa. Il gelato era squisito, ma meno delle labbra della ragazza che assaporò lo stesso giorno. Si era innamorato per la seconda volta nella sua breve esistenza, e questa volta per un essere umano.

Passavano ogni giorno insieme, non si stancava mai di averla intorno. Era l’avvenimento più significativo di tutta la sua vita e lui voleva viverlo giorno dopo giorno. Come aveva già deciso riprese gli studi, anche se fu frustrante dover ripetere l’anno. Si scusò umilmente con i suoi genitori per tutte le pene che gli aveva fatto passare, giurando che non sarebbe mai più uscito dalle righe senza prima rifletterci con attenzione. Era felice, aveva ciò che sentiva di volere e questo gli bastava.

Superò l’anno brillantemente e insieme alla sua fidanzata decise di festeggiare la sua promozione. Lei aveva già programmato una festa a sorpresa, un evento di giubilo che non poteva festeggiarsi altrove dal luogo dove si sono incontrati per la prima volta, testa contro testa. Aveva organizzato una sfavillante festa alla sala giochi.

Lo condusse lei, tenendolo all’oscuro di tutto. Si ritrovarono davanti a quella familiare porta girevole. Al loro ingresso saltarono fuori persone da ogni angolo gridando “SORPRESA!”, amici e parenti da ogni dove. La festa era divertente, entusiasmante e lui non desiderava altro che una giornata per levarsi di dosso il fardello dello studio e del duro lavoro che lo hanno notevolmente ripagato.

Vagava lungo i corridoi della sala guardandosi intorno, circondato da tutti i giochi che durante la sua adolescenza aveva già provato. Ad un tratto il suo sguardo si posò sul suo primo vero amore, il gioco con cui aveva trascorso più tempo tra tutti quelli nel locale, che l’aveva inghiottito nel suo buco nero di digitale finché non è riaffiorata in lui la ragione, finché non si è liberato dalla morsa del vizio.

Si avvicinava con molta serenità al suo gioco, lo analizzava e intanto nella sua mente scorrevano i ricordi di ogni mossa, ogni combinazione per poter superare il livello in maniera più rapida e efficace possibile. Stava ristabilendo una connessione con la macchina, la sua macchina. Era completamente immerso nella memoria del suo apparato tecnologico preferito quando sopraggiunse la sua fidanzata.

Lei appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo, lo afferrò e lo trasse a se per baciarlo. D’un tratto, come riusciva solo il suo gioco preferito, si dimenticò di ogni cosa lo circondasse, ogni problema gli scivolava di dosso, quel bacio, la sua sensazione, erano le stesse che provava con il suo gioco, ma amplificate. I sentimenti che provava per quella ragazza erano più intensi di quanto potessero essere quelli per una macchina.

Dopo il momento di passione, la ragazza diede un occhio al gioco che avevano accanto. Lei, travolta dall’allegria, esultò dicendo: “Questo è in assoluto il mio videogioco preferito. Ho anche stabilito il record tutt’ora imbattuto, solo un ragazzo una volta è riuscito a superarmi. Non è durato molto”.

A quelle parole il ragazzo capì chi era la famigerata “20ANNA02” e dentro di sé si fratturò una piccola parte del suo cuore. Nulla di grave, non un’inezia simile può incrinare il loro rapporto, era più la felicità che il dispiacere quello che provava nell’ora della verità. Ciò nonostante, terminata la festa e con tutti i partecipanti fuori dalla sala, lui si trattenne ancora un po’, da solo. Rimase per ore e ore, per ritornare ancora una volta, l’ultima, al suo vecchio amore. Completamente immerso, nessun ricordo di come mai si trovasse lì o di chi lo stesse aspettando, in cerca di un record che pensava di aver già ottenuto. Lui e il suo gioco.

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Clifth

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