Bar Ubaldo (un racconto by @kork75)

in Olio di Balena4 years ago (edited)

“Il suo nome è Pac-Man. Si tratta di un vorace attaccabrighe giallo a forma di palla che ingoia chiunque si trovi sul suo percorso. È la star assoluta dei video games, il vero motivo che mi porta a frequentare questo cesso di posto che è il bar Ubaldo. Diciamo non l'unico motivo, ma il più divertente. C’è chi preferisce Burger Time, Tetris, Bubble Bobble, Super Mario Bros, ma lui il Pac-man è il mio preferito”, disse Carlo smanettando sul retro del videogioco in cerca dell’interruttore.
“Tieni cinquanta Lire, ne ho prese una manciata dalla cassa, insieme ai gettoni del flipper. Visto che lo vuoi derubare il povero Ubaldo, qualche spicciolo in più o in meno che differenza fa. Io invece preferisco il flipper: Star Trek”, replicò Amilcare.
“Vecchia arteria, sicuro che stai bene?” Domando Carlo osservando l’attempato Amilcare che barcollando e appoggiandosi al muro scrostato della sala giochi raggiunse a fatica l’agognato biliardino elettronico.
“Ehi, ti ho già detto di sì, cioè, mai stato peggio. Mi gira la testa devo aver bevuto parecchio”
“Bevuto parecchio? Sei sbronzo da fare schifo… Mi hai spaventato quando ti ho visto uscire dal bagno aggredendomi. Santo cielo, stavo per colpirti, poi sei crollato al suolo. Se solo sapessi come uscire da questo buco ti avrei strangolato. E ora sei lì che farnetichi frasi insensate, pallido, stralunato e col fiato puzzolente”, rispose sogghignando il giovane senza distogliere lo sguardo dal monitor del videogame.
“Per un attimo hai pensato che fossi morto, ti ho sentito dirlo quando mi hai preso a sberle per rianimarmi. Ma ora devi attendere il mattino per svignartela. Per mia fortuna sei solo ladro e non assassino”, concluse Amilcare biascicando parole e cercando più volte d’inserire una moneta nella fessura del flipper.
I due, dopo il loro inusuale incontro, constatarono rabbiosi che erano rimasti chiusi all’interno del locale, quindi non potevano far altro che aspettare l’apertura mattinale: Amilcare per rincasare e Carlo per svignarsela con l’incasso. L’orologio della sala giochi segnava le tre del mattino. Li attendeva una lunga notte.


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Carlo, oltre che un bel giovanotto biondo di media statura era un ladro. Quella sera si confuse tra i tanti giovani che frequentavano la sala giochi; ragazzi tutti uguali, stesso taglio di capelli a spazzola, stessi pantaloni griffati, stesse cinture da cowboy, identiche camicie aperte su t-shirt bianche e scarpe con carrarmato: dei paninari. Il giovane ladro, nascondendosi accovacciato dietro i videogiochi era riuscito nel suo intento di farsi chiudere nel seminterrato del bar. Carlo, una volta accertatosi che il locale era vuoto risalì le scale e aperta la cassa arraffò l’intero contenuto.
“Come pensavi di svignartela?” Domandò Amilcare lanciando la prima delle tre biglie in un frastuono di luci e trilli.
“Dal retro, ma non sapevo che la porta era sbarrata in quel modo. Così ho provato dal finestrino del bagno, e poi sei sbucato tu”, rispose Carlo con gli occhi sempre più ipnotizzati sullo schermo del Pac-man.
“Mentre la biglia d’acciaio cromato rimbalza di qua e di là; l'abilità del giocatore sta nel manovrare due leve in modo da ritardare il momento in cui la pallina cade in una buca. Altro che Pac-man, il flipper, è il vero spasso, che dico, di più! È come un rapporto sessuale, come un amplesso… Non è il polso che deve dà la spinta alla pallina, ma è la trippa” Affermò Amilcare muovendo secco il bacino a destra e a sinistra.
“Vecchio, tu sei tutto esaurito. Mi è venuta fame, salgo a vedere se c’è qualcosa da sgargarozzare”, disse ridendo Carlo.
“Ma come diavolo parli?” Replicò Amilcare.
“Ho fame”, e senza aggiungere altro Carlo si avviò verso le scale.
Il giovanotto ricomparì con una bottiglia di cognac e mezza di marsala.
“A quanto pare oltre che fame hai anche sete”, disse Amilcare osservando Carlo che si svuotava le tasche di una ventina di cioccolatini al liquore di ciliegia, di quelli che se sei fortunato all’interno dell’incarto c’è scritto che ne hai diritto ad altri in omaggio.
“Ho dato dei morsi a dei panozzi vomitevoli”, replicò il ragazzo.
“Ho ancora una trentina di gettoni, vuoi provare il flipper?” Domandò Amilcare scartando un cioccolatino allungatogli da Carlo.
“Preferisco Pac-man. Giocare mi schiarisce la mente e mi fa sentire a mio agio. Se sono giù di morale, devo solo dare dei colpetti al Joystick e destreggiarmi nel labirinto del gioco, mangiando tutti i pallini e scappando via dai fantasmi. Nell’universo del gioco, la vita è semplice: tu contro la macchina”, rispose il ragazzo inserendo una moneta nel videogame.
“Scappare dai fantasmi? Ti capisco. Il flipper invece è un gioco basato sull’ottimismo. Vedi i punti, mi piovono addosso a centinaia di migliaia e per quanto poco sia il mio merito, la calcolatrice elettronica registra, in mezzo ad alti suoni e bagliori policromi, i milioni di punti che la pallina sta accumulando. Sono un fenomeno, il migliore!”.


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“Accidenti! le mie dita iniziano a intorpidirsi, ho perso il ritmo e con esso tutte le vite: Game Over! Maledetto gioco!”, protestò Carlo dando una manata al vetro del display.
Amilcare, a discapito dei suoi settant’anni aveva ancora un bel aspetto contornato da un sorriso squillante. Inoltre, l’anziano signore era un ricco imprenditore; come una persona del suo rango potesse finire nella fumosa e angusta sala giochi del bar Ubaldo, lo raccontò lui stesso scartando un altro cioccolatino al liquore: vincendone altri due.
“Nella vita non bisogna mai abbandonarsi alla disperazione. Prendiamo il flipper. Ragazzo vieni qua a vedermi giocare. Ecco, proprio in questo momento in cui la pallina sta per morire precipitando in' qualche tranello, un provvidenziale e insospettato impulso la prende e la rilancia nella sua stravagante corsa sul piano inclinato; e mi piovono addosso altre centinaia di migliaia di punti. È un gioco che sembrerebbe inventato per bambini e per ragazzini, ma ci vuole una certa abilità ed esperienza per sopravvivere, come nella vita. Ottimismo!”
“Vecchio, è da tanto che giochi? Si vede che sei bravino”, domandò il ragazzo avvicinandosi al bigliardino elettronico.
Amilcare continuando la sua partita confidò a Carlo che ormai era da quasi un anno che frequentava la sala giochi. Arrivava sempre verso le dieci di sera, per poi sedersi al banco del bar a bere Stravecchio. Il suo momento era dopo la mezzanotte, quando i più giovani erano andati via e i pochi adulti rimasti erano raccolti intorno ai tavoli con le carte o finivano le ultime buche a biliardo, allora lui come un’ombra furtiva scivolava nel seminterrato dove c’era il flipper.
“Sai ragazzo, tutte le mattine da oltre trent’anni alle sei spaccate mi sveglio e vado al lavoro. Molto spesso a sera tardi mi ritrovo ancora in ufficio, dove continuò a ricevere persone o a dettare rapporti. Una vita d’inferno, credimi! Per questo aspetto con ansia le ventuno del venerdì: chiudo l’azienda è corro da Ubaldo. Ultimamente non sto passando un bel momento, tra gli affari, la famiglia e la vecchiaia, e nel flipper ho trovato il mio magico giocattolo di facile evasione. Faccio le mie partite, un paio d’ore e poi torno sereno a casa”
“Cosa è successo ieri sera? Perché ti sei ubriacato? Mi ricordo di averti visto che parlottavi con delle ragazze nei pressi dei videogame. Cercavi un altro tipo di evasione?”, provocò Carlo.
“Ma cosa dici stolto! Ero d'umore melanconico e il flipper era occupato. Annoiato ho scambiato qualche battuta con due simpatiche giovincelle, che potevano essere le mie nipoti. Poi abbiamo messo un disco nel jukebox: Wild Boys. Ci siamo seduti in un angolo e bevuto qualcosa insieme… Stranamente mi sono sentito male e poi non ricordo più nulla fin a quando non mi hai rivenuto tu a sberle”
“Le due squinzie volevano rubarti il portafoglio, le ho sentite parlottare prima che se ne andassero. Ti hanno sedotto, narcotizzato e fatto alzare il gomito. Caro il mio vecchio ti hanno rapinato”, disse Carlo con un sorriso amaro.
“Siete tutti dei ladri e furfanti voi giovani d’oggi!” Replicò adirato Amilcare, mentre Carlo faceva spallucce.
“Comunque, non giro mai con il portafoglio. Alle due meretrici è andata male… I soldi li porto nelle tasche d’avanti”, disse Amilcare mostrando a Carlo un ferma banconote bello pieno.
“Ho sbagliato bersaglio, sei tu il vero bottino”, replicò ridendo Carlo.
“Sei senza pudore… Quanto hai fatto con la tua bravata?”
“Centomila e qualche spicciolo, oltre ai cioccolatini”, rispose il ragazzo con la bocca impastata di cioccolato e liquore.
“Non so perché rubi, e non mi interessa saperlo, ma nella mia mano ci sono duecentomila Lire, le metto qua in bella vista sul flipper. Sfidiamoci. Se vinco io rimetti l’incasso di Ubaldo al suo posto e ti do io centomila Lire. Se mi batti, ti tieni l’incasso e ti prendi anche il mio porta banconote, ma mi lasci i cioccolatini”.
Carlo non esitò un secondo e con un ghigno beffardo lanciò la prima biglia tirando secco la molla.
“Vincerò facile. Lavori troppo di polso e usi male l’avambraccio… Ecco, la prima biglia è andata dritta in buca senza sfiorare le palette” Commentò canzonatorio Amilcare.


FINE

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