La nipote del doge

in Discovery-it4 years ago

Questo racconto è stato scritto per partecipare a Theneverendingcontest n° 85 S5-P7-I2 di @storychain sulla base delle indicazioni del vincitore precedente @disagio.gang

Tema: Gondole
Ambientazione: Venezia

Gondole.jpg
Foto scattata dall'autrice a Venezia nell'autunno 2018.

La nipote del doge


Scivolava lenta e silenziosa, lieve, quasi liquefatta nella notte buia e senza luna, un tutt’uno con le piccole onde del Canal Grande in mezzo alle quali non faceva alcun rumore. La notte era fredda, umida, e una leggera nebbia occultava l’imbarcazione snella e i suoi passeggeri silenziosi.

In maniera naturale, quasi che le acque defluissero tranquille in quella direzione, la gondola ripiegò lateralmente appena prima del ponte di Rialto, imboccando un canale laterale, e poi un altro e un altro ancora, fino al cuore del Sestiere di San Polo. Non aveva ancora terminato di accostare piano al molo che l’impaziente passeggero con un balzo si era già aggrappato alla terraferma e guardandosi circospetto attorno si avvicinava alle mura di una casa. A una finestra del piano nobile una candela ardeva ancora, flebile, incorniciando un’ombra fra le tende. Il giovane ragazzo accostò le mani al viso ed imitò il verso della civetta per due volte, poi una pausa, poi altre due volte. La sagoma in attesa scostò la tenda di pochi millimetri per un istante appena, poi la luce della candela si spense. Il ragazzo girò quindi attorno alla casa, spostandosi lungo il muro fino alla porta laterale, e attese. Trascorsero alcuni lunghissimi minuti nel silenzio rotto solo dal leggero brusio delle onde, poi l’Orologio dei Mori suonò i suoi rintocchi: mezzanotte in punto. Prima che si udisse l’ultimo rintocco, si aprì lenta la porta della servitù e ne uscì una figura incappucciata in un manto nero, cui il ragazzo cinse subito le spalle con fare protettivo, cercando quasi di nasconderla ad occhi indiscreti e scortandola fino alla gondola.
<<Abbiamo un’ora.>> Sussurrò la figura al gondoliere, che aveva già ripreso a condurre via la gondola ed i suoi passeggeri dopo un leggero cenno di saluto.

Nel silenzio della notte, fra i canali di Venezia, i sussurri dei due giovani che scivolavano silenti sull’acqua si perdevano nel sussulto delle onde, coperti dal suono della pioggerella fine che aveva preso a scendere dal cielo.
<<Leonora, luce dei miei occhi, siete meravigliosa stasera. Lasciate che vi guardi>> sussurrava il giovane all’orecchio della sagoma, abbassandole il cappuccio. Una ragazza nel fiore della sua bellezza gli sorrise imbarazzata, mentre il rossore le colorava le guance sulla pelle diafana.
Il ragazzo prese a baciarle una mano, poi la fronte e le gote, gli occhi e il nasino perfetto, per soffermarsi infine, a lungo, sulle labbra dischiuse.
Lunghi minuti trascorsero nel silenzio di quei baci, a volte rubati, a volte appassionati, fino a quando, stanchi ma mai sazi, i ragazzi si accorsero che l’ora volgeva al termine e il gondoliere discreto e silenzioso si addentrava già nel cuore del Sestiere di San Polo.

Ponte Venezia.jpg
Foto scattata dall'autrice a Venezia nell'autunno 2018.

<<Mi siete mancato, adorato Gilberto. E’ andato bene il vostro viaggio di lavoro?>>. Lo sguardo del ragazzo, sincero e penetrante, indugiò a lungo su ogni tratto del viso di Leonora, sfiorando ogni sua parte con impudente adorazione nel tentativo di memorizzarne ogni dettaglio. Ne ammirava l’ovale perfetto, gli zigomi modellati dolcemente, le labbra fresche e rosee come un bocciolo, leggermente arrossate dai baci, gli occhi di un azzurro intenso, incastonati fra ciglia chiare come i capelli dall’attaccatura alta. Una semplice acconciatura li raccoglieva sul capo, lasciando ricadere delle ciocche sulla nuca che invitavano la mani di Gilberto a danzare irresistibilmente in mezzo ad essi, sfiorando il collo bianco e lungo della giovane Leonora.
<<Mentre ero lontano pensavo a voi come alla più bella tra le dee, ma adesso che vi ho accanto la figura che si era formata nella mia mente impallidisce al vostro cospetto, e la vostra bellezza mi illumina mentre risplende di luce propria. Ho vissuto cieco e sordo lontano da voi, e il mondo non aveva più colore, e il cibo non aveva più sapore. Desideravo ardentemente sfiorare anche solo un lembo della vostra veste e di notte mi struggevo senza riuscire a prendere sonno. La verità, mia amata, è che il viaggio è andato molto bene, e seguendo i vostri consigli abbiamo fatto buoni affari, io e mio padre, ma la vita non ha senso se non posso farvi mia. Ve ne prego, accettate la mia proposta e fuggite via con me!>>

Mentre Gilberto parlava, Leonora sfiorava lieve la pelle della mano di lui, disegnando con le dita ingenui arabeschi; infine intrecciò le loro mani e ascoltandolo in silenzio attese che finisse il suo discorso innamorato. Col cuore ricolmo di passione e gli occhi inondati di lacrime, Leonora attese alcuni minuti prima di iniziare a parlare, infine ruppe il silenzio con un bacio leggero sulle labbra di lui, e si accoccolò sulla sua spalla. Guardò la laguna, le nere sagome nella notte buia che uniformava ogni cosa, e si strinse di più nel suo mantello.
<<Gilberto, mio adorato, non lusingatemi ancora con le vostre parole, che non lasciano al cuore sufficiente aria per respirare. La mia anima soffre ogni singolo istante trascorso lontano da voi, e se dipendesse da me sarei già vostra moglie. Tuttavia sapete bene che non posso, non voglio e non potrò mai fuggire con voi: in quanto nipote del doge e dama di compagnia di sua figlia, un tale affronto sarebbe l’onta più grande per l’intera mia famiglia. Inoltre, mio zio metterebbe in campo tutte le forze a sua disposizione per trovarci e distruggerci e la tua famiglia verrebbe annientata dalla sua collera. Non, mio amato, io insisto: dovete trovare un altro modo per farmi vostra, o non mi avrete mai. Sono certa che saprete trovare una risposta prima che questi nostri incontri segreti vengano scoperti e proibiti.>>.
Il vento che sfiorava loro il viso portò via gli ultimi echi di quei sussurri.
Silenziosa, la gondola aveva di nuovo raggiunto il molo e Gilberto si accingeva a scendere dolcemente per agevolare l’approdo dell’amata porgendole la mano e attirandola a se. Nel più completo silenzio strinse fra le braccia un’ultima volta Leonora, che si era di nuovo nascosta nel cappuccio del manto scuro. L’accompagnò fino alla porta e le sfiorò la fronte con la labbra mentre l’Orologio dei Mori suonava l’unico rintocco della prima ora della notte. Nell’istante stesso in cui il rimbombo si disperdeva nella nebbia, la porta della casa si aprì, come concordato con la fidata cameriera, e Leonora venne inghiottita nel silenzio della casa paterna.

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