DISPERSI

in Olio di Balena3 years ago

Questo racconto è stato scritto per partecipare a Theneverendingcontest n°105 S5-P1-I3 di @storychain sulla base delle indicazioni di @piumadoro.

Tema: Sailors
Ambientazione: Jungle

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Pixabay

Diario di bordo.

20/12/1890

Siamo stati costretti ad un attracco di emergenza.

Navigavamo a largo della costa occidentale dell’Africa quando una forte corrente marina ha causato un cambio di rotta della nostra nave, costringendoci ad abbandonare il convoglio. Abbiamo tentato di proseguire alla cieca, ma il nostro cartografo è stato inabile a svolgere il suo compito perché le acque che ci siamo trovati a percorrere non risultavano da nessuna mappa in suo possesso.

Ci siamo avvicinati alla costa per trovare una direzione da seguire. La foresta pluviale s’innalzava sopra di noi, e continuava fino a perdita d’occhio. Ci siamo persi in territorio straniero senza alcuna idea su come risolvere la situazione. Ho costretto l’equipaggio alla disciplina più volte, perdere la calma è normale in queste circostanze. Un gesto di insubordinazione da parte di alcuni sottoposti ci ha impedito di accorgerci di una grave minaccia che aleggiava sopra di noi. Non mi sento di accusarli, ma forse senza quella distrazione saremmo stati pronti e svelti nello sventare l’attacco che abbiamo subito.

Una tribù indigena ignota ha danneggiato gravemente la nave senza che noi avessimo il tempo di difenderci. Abbiamo perso molti uomini, molti altri sono rimasti feriti. I sopravvissuti sono stati molto abili a tenere la nave, nonostante gli ingenti danni, e a cercare trovare un piccolo angolo di sabbia dove arenarsi e nascondersi da ulteriori attacchi.

Ci siamo calati sulla piccola spiaggia che ha ospitato il nostro naufragio, in cerca di informazioni sul territorio circostante. Davanti a noi si trova l’imponente foresta pluviale, dietro di noi l’infinito oceano, e ai nostri fianchi due enormi pareti rocciose impossibili da scalare. Siamo completamente dispersi.

La ricognizione è stata infruttuosa, le piante che si estendono per chilometri dinnanzi a noi sono prive di frutti o ogni altro alimento commestibile, non abbiamo incontrato nessuna selvaggina e la fonte di acqua non sembra potabile. Per dissetarci siamo costretti a succhiare ogni singola goccia di linfa dalle radici dei piccoli arbusti che crescono nella foresta, ma il nutrimento sarà il problema fondamentale dei giorni a venire. Speravo che le derrate che abbiamo stivato alla partenza fossero ancora intatte, ma i danni che abbiamo subito alla cambusa sono stati i più cospicui. È stata una fortuna che la nave non sia affondata. La sfortuna, ahimè, è che ci ha lasciati senza cibo.

I feriti sono molto gravi, probabilmente non supereranno la notte. I meno gravi aiutano i sani a scaricare i corpi dei morti, a medicare i feriti gravi o si immolano nella ricognizione nella foresta. Sembra che l’unica cosa che siano riusciti a trovare siano delle erbe curative ad uso topico, ma come ogni altra cosa non commestibile. Alcuni subordinati hanno trovato delle bacche che credevano commestibili, e le hanno ingerite in preda ai morsi della fame. Sono morti nel giro di tre ore. Lo spettacolo raccapricciante al quale abbiamo assistito prima della loro morte, perdite da ogni orifizio, ha dissuaso gli uomini dal cercare alimenti alternativi che loro non conoscano con sicurezza.

Il tempo è mite, la temperatura è ottimale per rimanere idratati e lucidi. Non ci sono temporali in vista, né un ambiente carico di umidità. Non moriremo sicuramente affogati dalle acque dell’oceano. Ora è sera, anche se non saprei stimare l’orario esatto. Gli uomini cercano di prendere sono, come me, tra il rantolio e i lamenti dei feriti gravi. Sarà l’esperienza più atroce alla quale questo equipaggio assisterà.

Diario di bordo.

24/12/1890

Sono trascorsi quattro giorni dal naufragio.

L’acqua ci sostenta appena. Abbiamo dovuto scaricare a terra le carcasse dei nostri compagni morti che iniziavano ad emanare odori nauseabondi. Le abbiamo spostate lontano dal nostro insediamento, e abbiamo usato le ultime forze che ci restavano per dargli degna sepoltura; purtroppo non ci stavano tutti.

Quelli ancora in grado di camminare mi hanno aiutato nella ricerca di una qualsiasi forma di vita animale o vegetale della quale potersi sfamare. Durante la caccia abbiamo iniziato ad avere allucinazioni. Gli uomini si sono azzuffati per quello che hanno creduto essere un bell’arrosto di cinghiale già servito, nonostante l’illogicità della situazione.

Sono riuscito a farli rinsavire, anche se per un po’ ci avevo creduto io stesso. Abbiamo continuato per tutto il giorno, ma con nessun risultato. Siamo giunti fino ad un invalicabile strapiombo, una voragine che non era attraversata da nessun ponte, in fondo alla quale scorreva un maestoso fiume. Dall’altro lato, come scherno del fato, la fitta foresta dava dei frutti succosi, e la fauna prosperava in armonia. Non sappiamo dire se quanto abbiamo visto fosse un’altra allucinazione, ma ciò che è sicuro è che il luogo che abbiamo scorto, anche se reale, ci risulta irraggiungibile coi mezzi di cui disponiamo.

Spero che il giorno di domani sia ricco di miracoli, come la liturgia vuole che sia.

Diario di bordo.

25/12/1890

Oggi si celebra la nascita del Signore. In un giorno tanto miracoloso speravamo che un po’ di religione ci potesse aiutare a superare questo destino infausto.

La realtà è che metà dei sopravvissuti è morta durante la notte, e noi siamo rimasti a corto di idee su come sfamare il nostro appetito da bestie denutrite. Abbiamo radunato i corpi dei morti, abbiamo acceso dei fuochi da campo, e abbiamo smembrato con ogni oggetto acuminato che avevamo a disposizione i loro cadaveri.

Non penso di essere mai stato tanto sazio. All’inizio ognuno di noi era in conflitto interiore, tra la moralità e la sopravvivenza, ma più rimuginavamo e più forti si facevano le nostre convinzioni, e di riflesso i nostri affondi di lama. Abbiamo ingerito i corpi di molti uomini, bravi uomini e validi marinai che verranno decorati per il loro sacrificio, è quello che proporrò al comando nel ben augurato caso dovessimo riuscire a sopravvivere.

La mia speranza è che non saremo catalogati come mostri per le nostre azioni, perché condizioni estreme richiedono soluzioni estreme, e anche se il cannibalismo è contro natura io voglio sopravvivere per poter comunicare alle famiglie dei defunti l’onorevole sorte alla quale sono andati incontro.

Con le forze ristorate e con gli stomaci pieni abbiamo escogitato un modo per usare parte della chiglia della nave per poter superare quella voragine abissale che ci separa dalla selvaggina, che ora rimane l’unica speranza di sopravvivere e trovare la strada del ritorno.

Desidero solo far sapere alla mia famiglia e a quella di ogni uomo posto sotto il mio comando, nel caso trovassero i nostri cadaveri, che ognuno di noi è morto con orgoglio e con dignità.

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