Una passeggiata nell'aldilà

in Olio di Balena3 years ago

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Pixabay

Mi ritrovo un’altra volta in questo mondo, nonostante tutta la fatica che ho fatto per abbandonarlo. Anche oggi la luna mi sorride di traverso in quel cielo limpido e stellato che inonda di luce questo cimitero abbandonato alla periferia della città.

I raggi lunari proiettano le ombre di ogni oggetto, animato o inanimato che sia, sul manto d’erba umido che fa da cornice agli inquilini che ora albergano in questo luogo. Le gocce di rugiada risplendono ai miei occhi come diamanti di un taglio finissimo, i fiori che circondano il paesaggio brillano di una lucentezza ritrovata, perfino i pali della luce vengono esaltati dalla magia che è in grado di regalare questo effetto ottico.

Le ombre che danzano in terra mi suscitano malinconia, in particolar modo quelle proiettate dalle tristi e cupe lastre di pietra incisa con frasi che oramai hanno perso di valore per la persona alla quale sono rivolte. Tutto il mondo materiale è ora un lontano ricordo; la mia fidata compagna che mi seguiva ovunque, davanti, dietro o in certe ore del giorno di fianco a me, non si è più fatta viva. Sono solo in questo nuovo mondo, privo di consistenza materiale.

Sono sempre stato un essere razionale, ho sempre creduto nella logica degli eventi e mi sono spesso trovato in attrito con chi professava l’assurdità di una vita ultraterrena. Ora mi ritrovo qui, sulla soglia tra le due verità, e ripenso che alla fine nessuno aveva ragione, ma questo oramai non ha più importanza. Vago solo senza meta, svanisco di giorno e ricompaio la notte. Non sono l’unico passeggero di questo traghetto in transizione verso l’estinzione.

La mia istruzione scientifica mi è stata di notevole aiuto nel comprendere il fenomeno che io e altri come me stiamo vivendo. Prima eravamo materia ed energia, ora solo quest’ultima ci compone. L’unico paradosso è che quest’essenza rimane compressa come se fosse ancora dentro al suo contenitore, ricomponendo esattamente l’aspetto che avevamo prima del trapasso. La mia ipotesi è che abbia un comportamento plastico, è rimasta costretta per così tanto tempo che ne necessita altrettanto per rimuovere le briglie e tendere alla sua naturale entropia, la dissoluzione.

Trovo soddisfacente passeggiare circondato dai miei pensieri ora che non ho più le preoccupazioni della vita terrena, ho il tempo di risolvere dubbi che hanno afflitto la mia intera esistenza e, in questo, sentire finalmente un senso di completezza, la chiusura di un vuoto che non ha fatto che ingigantirsi durante la vita materiale. Lo ritengo sia un dono, sia una maledizione. Quest’altra faccia della medaglia mi porta a scontrarmi anche con i turbamenti della mia vita, i pentimenti e le tragedie che tutti ritroviamo sul nostro cammino.

Ho vissuto una vita travagliata, ho perduto i miei genitori troppo presto e non ne ho mai trovati altri. L’orfanotrofio nel quale ho vissuto la mia infanzia e parte della mia gioventù era misero, al limite dello squallore, i gestori erano degli individui abietti e meschini, esseri della peggior razza che scialacquavano i fondi comuni per il loro unico benessere. Eravamo costretti a vivere nelle condizioni meno igieniche possibili, nella peggiore istruzione che potessimo ricevere, di modo che loro potessero avere la vita che credevano di meritare. Mi è successo di incontrare quelle che si potrebbero definire le loro anime in questo luogo, volti sfigurati di un’energia consumata dall’avarizia e da una vita priva di moralità; non sarei mai riuscito a riconoscerli se non mi avessero interpellato loro stessi, contriti dal rimorso delle loro azioni e in cerca del perdono che non sarebbe mai stato loro concesso. In quel preciso istante mi sentivo superiore e diedi pace ai loro cuori, perché le mie parole non sarebbero state comunque sufficienti a tacere il loro senso di vergogna.

Uscii dall’orfanotrofio ancor prima di compiere la maggiore età, perché venne scoperta la frode da parte dei gestori. Ero in piena fase adolescenziale, un virgulto ribelle e scapestrato che nessuna famiglia avrebbe mai preso in considerazione di adottare. Venni sbalzato da un luogo di accoglienza ad uno di rigida e severa istruzione, un collegio. Fu lì che conobbi il mio primo amore, che mi avrebbe poi accompagnato per il resto della mia vita: la scienza. Caddi perso nel turbine della passione, non stinsi legami con nessuno né trovai mai qualcuno con le mie stesse vedute. Solo la scienza comprendeva le mie esigenze, solo lei pareva colmare il vuoto generato dalla mia curiosità. Quanto facevo in realtà era creare un feticcio in cui riporre la mia cieca fede, che pensavo mi avrebbe donato la verità. Invece era solo parte di essa, la voragine che speravo di aver richiuso in realtà mi inghiottiva silenziosamente. Non era vero amore, era un’ossessione che mi condusse alla via della dannazione. Mi credevo completo, invece ero dannatamente solo.

Sono qui adesso, sul ciglio della mia esistenza, e sento ancora più forte la morsa della solitudi…

“Buonasera”

“Oh perbacco”

“Mi perdoni, non era mia intenzione spaventarla. La vedevo immerso nei suoi pensieri e mi domandavo se non desiderasse un po’ di compagnia in questa maestosa notte”

“Mi perdoni lei, signorina. Sono abituato a vagare solitario in questo cimitero e non aspettavo di destare l’interesse di qualcuno, in special modo di una nobile vergine come lei”

“Appartiene ad un passato remoto, mio caro signore; non mi è mai capitato di ricevere un simile appellativo, ma lo ritengo tanto lusinghiero quanto cavalleresco. È una virtù in disuso oggigiorno e questo mi porta a domandarle con più insistenza se desidera la compagnia di una nobile vergine, come mi definisce lei”

“Accetto volentieri, è più piacevole condividere questa notte magica con qualcuno che la apprezzi tanto quanto fai tu stesso. Lei s’intende di costellazioni?”

“Sfortunatamente no, ma ho sempre amato gli astri del cielo e chi sa dare loro un nome, lei mi può aiutare?”

“Certamente. Riesce a scorgere il quadrato formato da quattro stelle molto brillanti, quello è parte della costellazione del Pegaso. Uno dei vertici compone la costellazione di Andromeda, una bellissima principessa della mitologia greca che stava per donare la sua vita per il bene del suo popolo quando un eroe, invaghitosi di lei, la trasse in salvo e sconfisse il mostro che minacciava il popolo. Quell’eroe era Perseo, la costellazione proprio a fianco di Andromeda”

“Che storia romantica. Casualmente sembra lo specchio di quanto stiamo vivendo noi. Lei è Andromeda, la solitudine il suo mostro e io potrei ritenermi Perseo, non crede?”

“Dice?”

Iniziammo a ridere irrefrenabilmente, fino al mattino. Alle prime luci dell’alba le nostre sembianze iniziavano a svanire, allora mi sforzai di cristallizzare il momento e portare con me il ricordo del suo angelico volto, del suo forte carattere e della sua sublime voce con me. In quell'istante ho avvertito una sensazione, o meglio un sentimento nel quale da tempo immemore non mi capitava di imbattermi, potente tanto da travolgermi e confondermi, ma la sensazione familiare divenne poi certezza e in questo preciso istante mi sento completo, mi sento ricolmo di gioia, mi sento amato.

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