L'attesa

in #ita5 years ago


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Immagine CC0

In un mondo sempre più telematico, digitale ed iper connesso il concetto di attesa sembra essere ormai svanito totalmente. Tuttavia, seppur i mezzi di comunicazione di massa oggi hanno accorciato tempi e distanze, l’attesa è una matrice genetica che noi stessi ci portiamo dentro. Pensiamo ai nove mesi in cui, noi attendiamo inconsciamente di “uscire”, di aprire gli occhi per vedere il mondo e i nostri genitori fantasticano sul nostro arrivo. Sicuramente questa è una delle attese più lunghe e più belle della vita di una persona. Ancora sullo stesso filone l’attesa di sapere il sesso, il colore degli occhi, dei capelli, la prima parolina, quando verrà mosso il primo passo.


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È l’attesa a connotare ogni istante della nostra vita.

Crescendo questa cambia identità e spesso diventa frenesia. Non si riesce ad attendere con pazienza, si vogliono bruciare le tappe e spesso l’attesa porta un senso di malessere, ma anche questo è un indicatore di quanto quell’attesa sia importante per noi.
Ad esempio l’attesa per la gita della scuola, per aprire i regali il giorno di Natale, per il primo viaggio in aereo etc..
Le attese più belle sono quelle che ci fanno e ci hanno fatto battere il cuore, quando si attendeva lo squillo, sinonimo di pensiero, del semplice aver pensato l’altro, dell’attesa di quella crocetta su quel foglietto con quadrati da 4 millimetri dove sopra c’era scritto “Ti vuoi mettere con me?” “Si o No?
Oggi i cellulari hanno limitato tantissimo le attese. Le persone amate non solo le possiamo telefonare, ma addirittura, possiamo video chiamarle e il desiderio di vedere parenti lontani può essere esautorato con facilità. Questo ha portato non ad una eliminazione dell’attesa, ma ad una semplice velocizzazione dei tempi di attesa. È interessante analizzare come più si desidera una cosa maggiore è l’attesa per ottenerla, i 18 anni, la patente, sono tutti esempi di attese lunghissime.
Ma cos’è che ci piace in realtà?
Il raggiungimento della meta? O l’attesa stessa?

Per Leopardi, la soluzione era la seconda, infatti ne “Il sabato del villaggio” è l’attesa che crea una serie di impalcature, di costrutti che reggono l’idea di come sarà quel tanto atteso sabato e non il sabato in sé.

Ancora, nel Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, la volpe insegna al Piccolo Principe l’importanza per l’attesa, quella che precederà il loro incontro e che farà vivere ad entrambi momenti di gioia pregressi al loro incontro, apoteosi della felicità.
Effettivamente l’attesa permette a noi stessi di configurare, immaginare, progettare ciò che ci aspettiamo. In realtà ci fornisce un modo per ottenere ciò che vogliamo subito, nell’immediato, tramite l’immaginazione e non per forza la realtà sarà uguale a ciò che abbiamo immaginato, ma questo non ci deve scoraggiare, né deludere in quanto “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”.

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Attendere non è ormai piú un termine comprensibile nel vocabolario del III millennio. Non si rispetta la Natura con i suoi tempi dilatati e la si forza con uso di agenti chimici per accelerare i tempi di crescita vegetali ed animali; non attendiamo piú una risposta di qualcuno, ma la esigiamo in tempi rapidi, perchè altrimenti "la società ci lascia indietro".
Il nostro corpo è figlio del nostro stesso stress di cui siamo vittime ed autori.

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Analisi sintetica ed ineccepibile dello stato di fatto della nostra condizione odierna sono pienamente d’accordo con te, ma essendo noi parte integrante di questo millennio, sta a noi stessi azionare freni di emergenza volti al semplice scopo di vivere con tempi di attesa più naturali ;)