La grammatica cinematografica come fattore di oggettività

in #ita6 years ago (edited)

Mi riferisco alle molte recensioni cinematografiche che leggo su steemit ma anche fuori.

330px-George_Melies.jpg
immagine libera
Georges Méliès

Se si vuole parlare di linguaggio cinematografico si deve farlo bene, cosa non da pubblico generalista, nulla di buono a livello culturale è da pubblico generalista.

Se invece si vuole parlare dei propri gusti personali buttando qui e là qualche termine per conquistare il pubblico che non sa di queste cose (un po' come fa la maggioranza dei recensori in giro per il mondo) si faccia pure, è una libertà che ci è concessa di avere.

Ma non esiste nessun sguardo oggettivo (neanche lo sguardo un po' più oggettivo di un altro) capace di giudicare l'arte senza una poetica (un proprio sistema di valori sull'arte, è un modo un po' più raffinato di dire "sguardo soggettivo", parlo di "poetica" secondo l'accezione di Luciano Anceschi). Questo lo dico per il 95% di quei recensori che sulle cose di questo tipo non si brigano di andare troppo a fondo (a cosa serve?).

Non ci credete? sfido chiunque a scrivere un post sullo sguardo oggettivo per giudicare un'opera d'arte e io cercherò di smontarlo pezzo per pezzo. Ci sono solo sguardi soggettivi (poetiche) che possono avere, all'interno della nostra struttura sociale e culturale, un posto più o meno di rilievo (che possono incidere di più, che hanno maggiore autorevolezza). Gerarchie, queste, che mutano col tempo.

Ma questo (lo sanno tutti) non piacerà a quel pubblico generalista (95%) a cui in questa piattaforma si cerca di fare servizio (educare le capre, a quanto sembra siamo tutti capre da educare).

Ma, francamente, questo servizio al pubblico generalista è alquanto scadente: preferisco Nietzsche che cerca di semplificare la propria filosofia per spiegarla a dei ragazzi (del resto era un bravissimo professore) piuttosto che uno che non sa (o non ha capito nulla) della filosofia di nietzsche (che alla fine non gli interessa nulla di quella filosofia), ma che cerca di spiegarla a partire dalla propria ignoranza solo perché ha una retorica (o un ruolo) per poterlo fare.

In un botta e risposta tra @serialfiller e @voiceoff, serialfiller dice:

Se domani su una rivista uscisse un titolo "Checco Zalone è il nuovo Marlon Brando" e nessuno di noi avesse gli strumenti oggettivi per smentire questa affermazione di colpo tutti crederemmo che sia vero, accetteremmo questo assioma.

Wittgenstein diceva: nessuno di voi può provare oggettivamente che sotto questo tavolo (o nella stanza) non c'è un rinoceronte. (una battuta naturalmente, una battuta che si riferisce a qualcosa di interessante, da prendere in considerazione, da approfondire).

Checco Zalone è il nuovo Marlon Brando? E' una sciocchezza (non oggettiva), ma molto minore di quella di far credere che esistono strumenti oggettivi per valutare aspetti artistici e culturali. Questi strumenti di cui si parla servono per tenere sotto controllo i gusti più ingenui del pubblico e favorire un ruolo di educatore sociale e culturale (il recensore) che può esistere solo all'interno di una cultura allo sbando e decadente come la nostra (inoltre è un sostegno ad un'industria che ha fatto dell'opera culturale un prodotto culturale, da consumare con tanto di libretto delle istruzioni), ahimè sono finiti i tempi in cui a scrivere recensioni o di arte c'erano grandi pensatori come Barthes o Derrida.

Naturalmente, credere all'oggettività di certi strumenti fa piacere anche all'autore insicuro e a quello megalomane, cosa si può dire di più, infatti, per rassicurare e per potenziare l'ego di un autore se non che la sua opera è oggettivamente validissima?

Sort:  

Uhm... Penso che questo tipo di discorso potrebbe finire per essere dannoso. Un certo tipo di oggettività penso che esista nella valutazione di una qualsiasi poetica.
Lascio da parte l'aspetto "artigianale" che è chiaramente oggettivo (non sempre o in tutte le circostanze, lo ammetto, ma spesso lo è, o comunque nel novero dei gesti compiuti per costruire un'opera d'arte gran parte di essi lo saranno; mi riferisco al fatto "bene o male", tecnicamente).

Quindi lasciamo da parte questo discorso e focalizziamoci sulla poetica visto che l'intento è quello di parlare d'Arte. La poetica offre un'esperienza al fruitore. Che tipo di esperienza? E' quel tipo di esperienza empatica che dall'autore si trasferisce all'opera, dall'opera all'osservatore e dall'osservatore al resto dell'umanità per poi tornare indietro e iniziare nuovamente il giro, un cerchio o, per meglio dire, una spirale. E' l'ego di un autore che attraverso la sua opera manifesta un qualche tipo di universalità. Tutti questi passaggi hanno bisogno di completa sincerità, di assoluto altruismo, di nessuna paura nel mostrare ciò che si è. Sto parlando di autenticità di un'opera. Ma non confondete questo discorso col copyright :D L'autenticità è una predisposizione secondo la quale l'unico scopo del "fare" è l'opera d'arte, a costo di tutto e tutti.

Se questo esiste, esiste l'Arte!

Non so se avete capito quello che intendo, è molto difficile da spiegare (ed è forse per questo che a un certo punto si preferisce parlare di artigianato, non di arte, oppure che si inizia a dire che l'unica cosa che conta è il gusto, o l'affinità delle proprie convinzioni con ciò che si crede stia raccontando l'opera. Tutti dettagli! Insignificanti!).

Bene, quando questa auntenticità viene colta e respirata, dunque si sta parlando d'Arte. Qui sta l'oggettività, tant'è vero che tutte le grandi opere della storia non contravvengono mai a questo che, per come la vedo io, è un'assioma (considerato che finora ha sempre funzionato: dalle pitture rupestri all'Astrattismo).

Come riconoscerla questa autenticità? Qui casca l'asino (sempre che non sia già cascato qualche riga fa). Non tutti lo possono fare o potranno mai farlo, molto pochi; soltanto quelli che nel corso della loro vita hanno sviluppato un certo tipo di sensibilità artistica. Probabilmente in parte anche innata, ma in gran parte educata, nel corso dei decenni, a riconoscere i sintomi di questo approccio artistico. Sintomi che generano determinate sensazioni e impressioni che in molti casi sono inspiegabili utilizzando la parola. Ecco la difficoltà: ancora non siamo in possesso di nessuno strumento che possa descrivere esattamente questa esperienza. E io credo che il bravo recensore è colui che in qualche maniera riesce ad ovviare a questa mancanza riuscendo ad avvicinarsi il più possibile all'espressione del concetto che vorrebbe.

Credo sia molto più difficile fare critica che non fare Arte. Non è un caso se guardando alla storia possiamo ricordarci di tanti artisti, ma di molti meno critici. Provate a farlo l'esperimento: quanti artisti ricordate? quanti critici? Sono certo che la schiera dei primi sarà molto più nutrita nella memoria di tutti noi!

Loading...

Post davvero interessante @anedo.

Grazie :)