Gli incredibili cento (e uno) anni del Belenenses

in #ita4 years ago

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Panchina commemorativa della nascita del club, photo by Lijealso, CC BY 3.0

Quando si pronuncia la parola futebol in Portogallo, si può star abbastanza certi che il discorso ricadrà prima o poi su una delle tre grandi storiche, Benfica, Porto e Sporting Lisbona, che da quando esiste il campionato portoghese si sono spartite tutti i titoli nazionali.

Ma come, si potrebbe pensare, mentre in Italia e nei maggiori campionati europei lo scudetto è stato vinto da decine di squadre diverse, in Portogallo esistono solo tre formazioni che si sono potute ricoprire di questa gloria?

In realtà non è proprio così, anche se un nome diverso da questi è stato scritto sull'albo d'oro solamente in due circostanze: nel 2001, quando a trionfare è stato il Boavista (la seconda squadra di Porto) e nel 1946, anno in cui a compiere una specie di miracolo sportivo fu l' Os Belenenses, squadra del quartiere di Belem, sobborgo di Lisbona carico di storia.

Negli anni della grande guerra, con il Portogallo, in mano al dittatore Antonio Salazar, rimasto formalmente neutrale e con la vita in grado di scorrere più o meno regolarmente, il Belenenses, dai colori bianco blu e con la croce di Cristo di derivazione salesiana impressa sulle maglie, era solito frequentare le posizioni nobili della classifica e competere spesso fino in fondo per la conquista del campionato: terza per tre anni di fila, dal 1941 al 1943 e nel 1945, ma con in bacheca il successo nella Coppa di Portogallo del 1942, la terza squadra di Lisbona si apprestava a cominciare la stagione 1945-46 con la solita consapevolezza di poter sedere tra i grandi, ma di non aver forse ancora le capacità per soppiantare le storiche potenze calcistiche.

Eppure la stagione iniziò alla grande, con il Campo das Salesias, lo stadio locale da ventimila posti, considerato il più all'avanguardia del Paese (utilizzato spesso anche dalla rappresentativa nazionale per la possibilità, rara all'epoca, di utilizzare le docce calde), sempre gremito a carico di entusiasmo: gli eroi locali partirono infatti sommergendo di reti le malcapitate avversarie (6-1 al Boavista e 7-0 all'Academica de Coimbra), ritrovandosi in testa al campionato dopo un pugno di giornate.

I supporters della squadra non stanno nella pelle ed eleggono ad eroi i propri beniamini, l'allenatore Augusto Silva, con un passato da giocatore e bandiera della squadra,** ma soprattutto la diciottenne punta Andrade**, nativo di Madeira (già, proprio come Cristiano Ronaldo) ed in grado di scardinare tutte le difese avversarie con la sua potenza e con la sua agilità, talmente innamorato dei propri colori da rifiutare la corte del Benfica, nonostante le pressioni poco amichevoli ricevute dagli uomini di Salazar.

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L'attuale stadio del club, immagine di pubblico dominio

L'entusiasmo dilagante però, si sa, può fare brutti scherzi ad una piazza non troppo abituata all'aria rarefatta della vetta, e la squadra cominciò a perdere un po' del mordente delle giornate iniziali, andando incontro ad una pesante sconfitta per 2-0 sul campo dell'Olhanense, che costerà il primo posto in classifica in favore del Benfica e del Porto.

Ma il ridimensionamento si rivelerà salutare e decisivo, perché da quel momento in poi gli uomini di Augusto Silva non sbaglieranno più un colpo, inanellando dodici vittorie di fila e arrivando alla vigilia dello scontro diretto casalingo col Benfica indietro di un solo punto; sono diverse migliaia i tifosi che vorrebbero assistere alla gara decisiva dell'anno, ma la società, che per un momento aveva pensato a giocare la partita in uno stadio più grande (che avrebbe garantito anche un miglior incasso), scelse saggiamente di non traslocare dal Campo das Salesias, e l'urlo dei ventimila al goal di Andrade, sul finale della partita, rimarrà per sempre uno dei momenti più esaltanti della storia del club.

Si arrivò così all'ultima giornata con il Belenenses, avanti di un punto, impegnato sul campo del modesto Elvas, che tuttavia, rappresentando una sorta di succursale del Benfica, aveva ricevuto già da quindici giorni un allenatore speciale inviato dalla casa madre per preparare la sfida. Come prevedibile i biancoblu, spossati anche dal lungo viaggio in auto (non esistevano pullman ed autostrade), andarono subito sotto, mentre contemporaneamente le notizie che giungevano da Lisbona davano il Benfica per nulla in difficoltà nello sbarazzarsi del Victoria Guimaraes.

Nell'intervallo, sotto di una rete, il morale dei calciatori del Belenenses era sotto i tacchi: mancavano quarantacinque minuti alla fine di un sogno, ora distante ben due reti, dato che in caso di pareggio lo scudetto sarebbe andato ai ben più quotati rivali.

Fu a questo punto però che presero la parola i senatori della squadra, spronando i compagni a non mollare; la reazione d'orgoglio divenne palpabile, la scossa non tardò ad arrivare ed anche le migliaia di sostenitori che avevano seguito la squadra per assistere allo storico evento, sembrarono di colpo rianimarsi.

Mancavano poco più di venti giri di lancette alla fine quando il Cristiano Ronaldo degli anni 40, Andrade, riuscì ad aprire una crepa nella difesa avversaria, pareggiando con un gran tiro, e dieci minuti più tardi la rimonta venne completata dalla rete di Rafael, uno degli "anziani" che poco prima negli spogliatoi si era preso sulle spalle idealmente tutta la squadra.

L'ultimo quarto d'ora fu probabilmente il più lungo che si possa ricordare per il piccolo club, ma il lieto fine arriverà puntuale e il piccolo Belenenses diventerà campione per la prima ed unica volta nella sua storia.

Sono passati oltre settant'anni da quel trionfo e ora il club Os Belenenses, dopo le vicende giudiziarie che lo hanno costretto alla separazione dalla polisportiva che ne deteneva il 51% delle quote,** gioca in quinta serie in Portogallo**, seppur il tribunale gli abbia concesso di mantenere i titoli sportivi, lo stemma e la proprietà sullo stadio.

In Primera Liga infatti gli appassionati possono ammirare al giorno d'oggi solo le gesta del poco poetico Belenenses SAD, squadra nata dopo la scissione con lo storico club; tuttavia i tifosi del piccolo quartiere non hanno dubbi su quale delle due compagini seguire e i numeri delle presenze allo stadio nell'ultima stagione sono risultati, in piena simbiosi con la poesia di un calcio che non c'è più, di gran lunga superiori per gli antichi campioni lusitani rispetto agli spietati nuovi nati, nonostante le quattro categorie di differenza.

Del resto il calcio è calcio in qualsivoglia categoria, e spesso conservare l'onore vale ben più di una retrocessione.

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Gran bella favola del calcio, fortunamente questa volta vera, eh eh... Comunque parlando di panchine ne ricordo una molto più gloriosa di quella! 😉

Beh quella che dici tu è insuperabile...