7. Colle Veggente

in #ita6 years ago (edited)

Si radunarono su un pianoro in cima alla collina.
Più di una ventina di uomini.

Il terreno era quasi perfettamente liscio, l'erba soffice e curata; sopra di loro il cielo stava virando rapidamente dal nero al blu, e la luce delle stelle si affievoliva; a nord, il Grande Fiume raggiungeva uno dei punti di portata massima.
Un alto e sottile cono di roccia divideva le acque, poco prima che queste incontrassero le Cascate; era troppo piccolo e impervio per edificarvi un fortino.
Dalle sue radici si alzavano colonne di schiuma, come bava sulla zanna di qualche enorme belva primordiale.
Solo un molo scalcagnato, abbarbicato al costone più occidentale, resisteva alle correnti; altri due venivano mantenuti ai lati opposti dell'alveo, in quanto non vi erano ponti né guadi.

Al di là del fiume, i Colli Tetri bloccavano il passaggio a nord-est.
Erano uno spettacolo avvilente, fatto di un'unica massa di roccia, probabilmente la più grande mai formatasi da quando gli Dei avevano smesso di camminare su quelle contrade.
Era percorsa da profonde gole che si intrecciavano in una miriade di pertugi, scavando infiniti labirinti di sassi dalle spigolature fatali, soggetti a continui smottamenti.
Si pensava che nel cuore del massiccio si aggirassero serpenti predatori e altri strani rettili.

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

All'approssimarsi dell'alba, un tratteggio dai contorni regolari divenne visibile, come una spellatura nel prato; circondava la postazione di vedetta, unendo in un unico perimetro i quattro bracieri posti a illuminarla, che formavano gli angoli di un trapezio.
Era la base di un muro.

«È come se avessero tagliato la punta del colle», mormorò qualcuno.
Roland cambiò espressione. «Ricordo come appariva da lontano», intuì, «non è una collina, è un... una specie di di... castello

«Un castello sarebbe munito di stanze interne», puntualizzò il Guardiano.
«Questa struttura non può dirsi tale, perché non la si può scavare. Fu realizzata compattando detriti e macerie di imperi ancora più antichi del nostro.»

Dopo aver dato ai nuovi arrivati dei mantelli nuovi, il Guardiano si era messo a mescolare un qualche intruglio ai piedi di un cubo di roccia poco più alto di lui, posto al centro del pianoro. Vi erano ancora alcuni gradini storti, intagliati nel blocco stesso, tramite cui si raggiungeva un seggio occupato da un uomo silenzioso e immobile, il volto in ombra.

«Simili postazioni sono presenti a queste latitudini, da entrambi i lati dei Monti delle Nebbie», proseguì, inginocchiato a rimestare la poltiglia verdognola in un coccio; «risalgono al periodo di massimo splendore del vecchio regno degli Uomini dell'Ovest, quando i suoi confini raggiungevano una vastità simile a quella odierna. Col tempo le varie vedette sono state rase al suolo, danneggiate o semplicemente abbandonate; questa era stata dismessa negli Anni Oscuri, sul finire dei quali fu teatro di un'importante battaglia che sarebbe troppo lunga da narrarvi. Dopo la fine della guerra e l'incoronazione di Gemma Verde, costui volle riportarla in auge: da quel giorno c'è sempre stato almeno un uomo sulla cima del Colle Veggente.»

«E ci sarà sempre», mormorò di rimando uno dei giovani che custodivano quel luogo dalle parvenze immortali.

Belthran fissava da un po' di tempo l'uomo appostato sullo scranno di marmo, che pareva scrutare a est così profondamente e a lungo da diventare simile a una statua.
Vide il falco comparire da destra a sinistra dell'alto ed esile schienale dalla punta triangolare; l'uccello sfilò a meridione senza più deviare in loro direzione.
Non seppe come interpretare quel segnale, ammesso che la scomparsa del rapace significasse qualcosa.
Si schiarì la voce, poi si intromise: «Va bene, le lezioni di storia e architettura sono sempre affascinanti. Ma non è per questo che siamo qui», e spostò lo sguardo su Numitor. «Dico bene, mio signore?», aggiunse mellifluo.

Il lord smise di ripulire la sua spada e la impugnò; poi si girò verso il Guardiano.
«Siamo qui per interrogarti», annunciò, prima di ricontrollare la brillantezza della lama; quindi si rialzò, apprestandosi a cingere nuovamente l'arma.
Quasi controvoglia, il Guardiano si risollevò in piedi.
Era l'unico del suo gruppo ad aver passato la quarantina; portava la stessa leggera corazza di cuoio, ma non aveva armi né elmetto; i capelli grigi spiovevano lisci fino a lambirgli le spalle, il pizzetto era curato come quello di un aristocratico.
«Aspetto anch'io di conoscere la ragione della vostra visita», asserì con occhi vacui.
«La ragione... davvero non riesci a immaginarla?» Numitor strinse la fibbia del cinturone, assicurandosi la spada al fianco. «Vigilare sempre, così hai detto. Ebbene, notato nulla di strano mentre vigilavi
Istintivamente, il Guardiano guardò a est. Rimase per alcuni secondi assorto, prima di scuotere il capo con un sospiro. «Vuoi sapere se ho notato cose strane», ripeté sottovoce.
«E se ti dicessi che stai chiedendo alla persona sbagliata?»

Numitor sollevò il capo, come a interpellare il silenzioso osservatore appollaiato sul suo scranno secolare, un oggetto dal valore inestimabile.
Vedendo quell'occhiata, il Guardiano fece nuovamente di no: «Ciò che è noto al Seggio della Vista lo conosco anch'io: lande desolate a nord, tranquilli reami a sud e venti di guerra nel lontano Oriente, presso il primo dei due grandi laghi salati; il Mare Interno, come lo chiamano in molti.»

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

Belthran restò a fissare Numitor, senza che dal suo sguardo trapelasse nulla, se non l'estrema attenzione con cui il Cacciatore seguiva il discorso.
L'Uomo dell'Ovest fece un cenno distratto verso le terre che cominciavano a emergere ai loro piedi, sotto un'aurora pallida. «Mi riferisco a cose più vicine», insinuò, «cose come le paludi. Da quando in qua lasciamo che gli acquitrini avanzino verso i campi destinati a sfamare gli innocenti?»
«Questa è una bella domanda», gli rispose il Guardiano, «ma dovresti farla a chi si occupa di quelle terre; i comandanti dell'armata mi hanno personalmente incaricato di custodire il Colle, ricorderai, e come hai visto tu stesso ho a malapena gli uomini necessari a fare il mio dovere. Non sono autorizzato a intervenire al di fuori della vedetta: noi esistiamo per segnalare, mio signore, ed è quello che ho fatto.»
«Segnalato a chi?», volle sapere Numitor.
«Città del Re. A quanto mi risulta, è da lì che vengono inviati gli uomini incaricati di sorvegliare gli argini: soldati che non si sono rivelati idonei ad altri compiti... per così dire. E altri uomini, costretti a lavorare per scontare qualche ammenda.»

«Vuoi dire prigionieri, disertori o renitenti», sintetizzò duramente Belthran.
Il Guardiano annuì. «Nessuno si ferma volentieri nelle paludi per più di un anno o due, nel migliore dei casi», aggiunse; «io sono qui da nove: avevo già chiesto e ottenuto che il comando intervenisse. Pare che stavolta, però, la mia voce sia stata ignorata.»
«Hai inviato messaggeri a cavallo a Città del Re?», lo interpellò nuovamente Numitor.
Di nuovo, l'uomo assentì. «Ci erano rimasti quattro cavalli; ora soltanto due.»

Il Lord e il Cacciatore si scambiarono un lungo sguardo.
Nell'osservarli, il Guardiano cominciò a sembrare preoccupato: «Sai forse tu, Numitor, che fine potrebbero aver fatto i miei messaggeri?»
Il comandante lo fissò così intensamente che molti, tra i presenti, spostarono lo sguardo altrove; non così il guardiano, che sostenne tranquillamente la presenza di quell'alto esponente di una casta superiore, una razza umana eppure diversa da tutte le altre.
«Sono un tuo pari, se non vado errato», disse l'Uomo dell'Ovest. «Perché non hai informato anche me?»
«Stavo per farlo, quando ti ho visto partire.»

«Tu parli come se da questa specie di sedia vedessi tutti i fatti del mondo», commentò aspramente Belthran.
«Non tutti», lo corresse il Guardiano, «ma buona parte di essi.»
Quelle parole indussero alcuni a gettare un altro sguardo al trono di marmo; allora realizzarono ciò che al Cacciatore era stato chiaro anche da prima che l'alba inondasse il cielo, e cioè che gli occhi del sorvegliante erano rivoltati all'indietro.
Le orbite dell'uomo erano bianche; le dita erano aggrappate ai braccioli spigolosi fino a sanguinare, e un rivolo di bava lucente colava dalla bocca semiaperta.
Un coro di esclamazioni e imprecazioni attraversò la compagnia; molti misero mano alle armi, ma i loro capi li fermarono con un cenno silenzioso.

«Il Seggio della Vista non è soltanto un prezioso reperto storico, ma anche - e soprattutto - un potente amuleto magico», rivelò loro il Guardiano; «il suo utilizzo mette a dura prova gli uomini comuni, come potete vedere.»
Numitor si sentì toccato dal suo sguardo, mentre sillabava la parola comuni.
«Oggetti come questo erano stati ideati da e per uomini di sangue reale, come il sottoscritto. Per chi non fosse di nobile discendenza, l'uso di certi talismani può rivelarsi a dir poco logorante», ammise.
«Per questo il servizio al Colle Veggente accetta solo volontari: non una punizione né un obbligo, bensì una scelta, che vale alle vedette il più alto rispetto da parte di chiunque.»

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

Il Guardiano fece un sorriso rassegnato.
«Diventiamo abili a fabbricarci da soli le nostre medicine, perché gli effetti del Seggio sulla salute tendono a manifestarsi rapidamente: scene come quella a cui state assistendo per noi sono la norma. Chi non muore, invecchia precocemente; di tanto in tanto possono verificarsi curiosi casi di resistenza, come il mio, ma il talento naturale nell'utilizzo di simili artefatti è un fenomeno rarissimo, dovuto a non si sa cosa.
«Alcuni ci chiamano saggi, e sostengono che siamo in grado di sentire oltre che di vedere.
Io non mi ritengo più saggio, né migliore in alcun modo rispetto a chicchessia, mio signore; semplicemente, sento che hai chiesto all'uomo sbagliato. Da qui posso vedere fino al Deserto di Ghiaccio, nel profondo nord, e guardare le bandiere di Città del Re, a sud, o i reami inospitali dell'est, ma non posso sapere cosa alberga nel cuore di chi è sfiorato dal mio occhio. Posso seguire la marcia di un esercito, ma non la fuga di un roditore tra i cespugli. Gravi e palesi minacce vengono da me riconosciute prima che altri sappiano anche solo della loro esistenza; ma, come voi, sono inerme di fronte a ciò che striscia e si nasconde.
«Ora, se un superiore mi chiedesse di fare rapporto gli direi che i confini sono fin troppo sicuri, e negli ultimi mesi il traffico è diminuito fino a lasciare queste lande quasi del tutto deserte; ma è proprio per questo, che non sentirei di definirlo il mio periodo più tranquillo. "Quando nulla accade è perché qualcosa è accaduto", diceva sempre mio nonno, e io ho la sensazione che tempi nuovi siano in arrivo: tempi in cui guardare lontano sarà inutile, perché non vi saranno più mostri né eserciti da avvistare, ma piccoli intrighi nascosti nelle pieghe della storia, inganni sussurrati nell'ombra e spirali di eventi non del tutto controllabili.
«La verità è che presto o tardi finiremo anche noi con l'essere un cimelio, una testimonianza di antiche usanze e tempi lontani, perché nuovi problemi richiedono nuove armi; e per quelle antiche, non rimangono che le pagine dei libri e i racconti degli anziani. Nel migliore dei casi, la vetrina di un museo. Mi rincresce non poterti essere utile come vorrei.»

Dopo che il Guardiano ebbe parlato, seguì un silenzio greve di aspettative.

Numitor restò a lungo a scrutare l'orizzonte, infine ripeté un'ultima volta: «Nulla di strano. Ne sei sicuro?»
Il Guardiano annuì per l'ennesima volta: «Spopolamento, ecco tutto. Le grandi città fioriscono, e i giovani ne sono attratti; col tempo, la gente finisce col dimenticare le periferie, sebbene anch'esse riconquistate col sangue dei loro avi.»
Numitor tolse i pollici da sotto il cinturone e unì le mani dietro la schiena, il petto in fuori, l'espressione apparentemente rasserenata.
«Forse potresti ugualmente essermi utile, in qualche modo.»
«Mi hanno riferito di una gamba rotta: manderò uno dei miei.»

Numitor lo ignorò. «Ti definisci inutile, ma davanti alla legge sei un Lord, proprio come lo sono io. Sbaglio forse?»
Il Guardiano rifletté brevemente.
«Sono l'autorità locale in assenza del Re o del Capitano Generale», riconobbe infine; «il mio non è un titolo ereditario, ma una carica temporanea fino a quando sarò in grado di prendere servizio. Un incarico più militare che politico, ma di valore non inferiore.»
«Allora puoi... anzi, sei tenuto a celebrare processi. Ho bisogno che tu ne istituisca uno, perché nel mio castello ciò non è possibile.»

«Non è possibile?» In un primo momento, l'altro non capì. «Tu puoi farlo come posso io, se non di più, in quanto comandante in capo e per giunta nobile di stirpe. Solo nel caso in cui fossi parte in causa...»
Restò quindi a guardarlo, senza finire la frase.
«Sono parte in causa, per cui non posso fungere da giudice, secondo quanto stabilito dalla nuova Legge degli Uomini in vigore dalla rifondazione del Regno.»
Il Guardiano si umettò nervosamente le labbra, mentre gli uomini presenti si interrogavano vicendevolmente con lo sguardo; era una dichiarazione del tutto inaspettata, persino per Belthran, che quasi inavvertitamente posò la mano sull'impugnatura della daga.

Numitor fece un passo in sua direzione, avvolgendo a sua volta le dita attorno all'elsa della spada.
Lo guardò negli occhi e annunciò con voce potente: «Belthran, io ti accuso di cospirazione e tradimento!»

(Continua...)

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non vedo l'ora del continuo

Molte grazie! :)

Quando arriverà la prossima parte?????????

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Ciao! Sto cercando di mantenere un ritmo di un post a settimana, giorno più giorno meno!