9. Agguato

in #ita6 years ago (edited)

Pioveva come se non dovesse più smettere.

Dopo aver martoriato le spiagge a nord di Porto dei Cigni, la tempesta aveva inghiottito l'entroterra fino a mettere in ginocchio le genti di Verdecinta; poi aveva scavalcato le Montagne Innevate in sfregio a ogni legge della natura, alimentandosi della sua stessa distruzione, e ora stava riducendo il Sacro Altopiano a un lago di fango.
Gli stivali degli armigeri affondavano fin quasi alle caviglie.

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

Erano rimasti in cinque, con una tenda traballante e zuppa a fungere da unico riparo mentre sorvegliavano a turno il prigioniero.
Toccava a un robusto uomo di mezza età, più arrabbiato con la pioggia che non con Castagna.
«Ecco un bel modo per mandare in malora il giorno libero. Perché lasciare che tua moglie cucini il tuo piatto preferito, quando puoi uscire a prenderti una bella bronchite? Non avreste potuto scegliere un momento migliore per bervi tutti il cervello.»
L'uomo non ottenne risposta. Si avvicinò da un lato e fece una smorfia, senza celare il disgusto per le condizioni del giovane. Allungò la picca e stuzzicò rumorosamente il chiavistello, accertandosi che la gogna fosse chiusa.
«E alla fine della storia tu sei l'unico che ci guadagna», aggiunse; «poteva andarti molto peggio, per come si sono messe le cose.»

A Castagna le ore sembravano giorni.
Il dolore alle gambe e al collo era insopportabile. Sentiva i muscoli della schiena attorcigliarsi dal freddo, sotto gli abiti imbevuti di pioggia e del prodotto della sua vescica; dal lato opposto, proprio sotto il suo naso, il banchetto del giorno precedente si sparpagliava ancora nella fanghiglia, dopo che aveva vomitato fino a credere di essere sul punto di esplodere.
La gogna non prevedeva soste dietro i cespugli.
«Hai ragione», biascicò a occhi chiusi. «Nel migliore dei casi mi spezzo la schiena, il vecchio mi disereda e finisco a mendicare dentro una carriola: dev'essere proprio il mio giorno fortunato.»

«Voi giovani. Sempre così melodrammatici», borbottò il picchiere, quasi con un pizzico di commiserazione.
Tossì e sputò per terra, maledicendo il clima infame. Estrasse una fiaschetta e bevve un sorso, poi due. «L'eredità non dev'essere così sostanziosa, se nessuno è venuto a mettere una buona parola; la schiena sarà a posto tra qualche giorno, anche se adesso vorresti non avercela da tanto fa male. Non è questo il punto; sai cosa è peggio? Quello che ti è stato risparmiato, ragazzo. Quello che gli altri avrebbero potuto farti», lo ammonì.
«Possono farti qualunque cosa mentre te ne stai infilato in quell'aggeggio, e sono certo che a quel vecchio piagnone di un lord non dispiacerebbe, dopo tutte le carinerie che gli hai riservato», disse sogghignando.
«Farti mangiare lo sterco, per esempio; o prenderti a sassate fino a sfigurarti o ucciderti. O magari mettersi dall'altro lato e prenderti a calci tra le gambe fino a farti diventare signorina. Invece sembra che il tuo amico Bréma non paghi quei quattro debosciati abbastanza da sorbirsi un diluvio del genere, e che i tuoi paesani abbiano ancora un po' di compassione, se a nessuno è sembrato il caso di restare a bersagliarti di uova marce. Te la caverai con qualche graffio e un raffreddore, oltre a una pessima reputazione. Sempre che non credessi che il tuo spettacolino, al processo, non ti sarebbe costato neanche una lavata di capo: nel qual caso sei un perfetto idiota, ossia fortunato comunque, per il semplice fatto di essere ancora in...»

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

Castagna era sul punto di delirare.
Non credeva che sarebbe sopravvissuto fino al giorno seguente. Le parole del suo aguzzino gli ronzavano nella testa senza che riuscisse ad afferrarle; non gli importava. Forse non gli importava nemmeno di sopravvivere; di certo, non avrebbe accolto malvolentieri un colpo d'ascia tra capo e collo, che ponesse fine alle sue sofferenze. Non si chiese perché l'uomo avesse improvvisamente smesso di predicare; l'orecchio captò il sibilo e l'impatto, ma la mente non li registrò.
Perse i sensi per qualche secondo; rinvenne con un gorgoglio quando l'orlo scheggiato dell'asse di legno gli solcò la gola. Un altro picchiere era balzato fuori dalla tenda in fretta e furia, lo sguardo smarrito, l'arma impugnata alla bell'e meglio.
Stavolta vide la freccia, oltre a sentirla.
Sulla sinistra del suo campo visivo, la guardia cadde all'indietro trafitta in pieno volto.
Dal lato opposto, il sangue del suo compagno riverso faccia a terra aveva già tinto il fango sotto di lui; una rozza freccia gli usciva da una parte all'altra del collo.

In un primo momento, non riuscì a rendersi conto di cosa stava accadendo.
Non era nemmeno sicuro di non avere le allucinazioni. Sentì il respiro pesante e il cuore che gli rimbalzava in gola; man mano che gli istanti si susseguivano, la vista della morte cancellava inesorabilmente ogni altro pensiero. Ne rimase soggiogato, fino a quando un brivido diverso dagli altri lo solleticò: era come un senso di paura ancestrale.
Si mise ad agitare disperatamente mani e testa, in preda al panico.
Scosse il legno della gogna fino a sanguinare, senza riuscire a scacciare l'atroce sensazione che l'aggressore fosse dietro di lui. Scalciò alla rinfusa, emettendo un verso stridulo.
Un terzo picchiere uscì dalla tenda; se ne stava acquattato, l'arma saldamente imbracciata, ma non sapeva dove guardare. A Castagna, fuori di sé, non passò neanche per la mente di avvertirlo; l'uomo mosse alla sua sinistra fino a entrare, a sua insaputa, nel raggio di tiro del misterioso arciere.
Un'altra freccia volò implacabile.

Il quarto soldato indietreggiò, portando alle labbra un piccolo corno.
Vi soffiò fino a quando il volto divenne livido; poi una quarta freccia si infilò tra le borchie della sua giubba, ferendolo a morte.
Castagna urlò e sentì un altro rivolo caldo scorrergli tra le gambe; stavolta non era colpa della birra, ma del terrore di trovarsi impossibilitato a muoversi, alla mercé di un pazzo sanguinario.
Vide l'ultimo soldato impugnare l'asta della picca sopra la spalla, il volto truce; prese una breve rincorsa e scagliò con violenza l'arma al di là della gogna. Udì una specie di ruggito, e infine lo scorse farsi avanti a testa bassa, impugnando un'accetta. Il picchiere era riuscito a squarciargli una spalla, ma fu troppo lento a sguainare la spada: Lupo gli fu addosso in tutta la sua furia, scaraventandolo al suolo. Le armi volarono tra le pozzanghere.
Da sotto di lui, l'avversario riuscì a raggiungerlo con un micidiale gancio alla mandibola; Lupo rimase stordito e l'altro lo avvolse in una mortale presa al collo, cercando di strangolarlo tra bicipite e ascella. Lupo ringhiò con la bava alla bocca, come una belva inferocita, i muscoli tesi fino allo spasmo. Morse, scalciò e graffiò in tutte le direzioni possibili.
L'altro riuscì a mantenere la presa, fino a quando un dito non raggiunse il suo occhio sinistro; allora il cacciatore sgusciò via rotolando.
Raccolse l'accetta e la mandò rapidamente a conficcarsi nella fronte del malcapitato, con un lancio aggraziato.

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

L'uomo che aveva suonato il corno stava ancora agonizzando a terra.
Lupo mise mano al coltello e si trascinò fino a lui, finendolo rapidamente. Afferrò quindi una picca e barcollò fino alla tenda; la squarciò, senza trovare alcun nemico nascosto al suo interno.
Lasciò la presa sulle armi e frugò in una specie di sacca che teneva a tracolla, fino a estrarne una tenaglia.
Castagna sentì le lacrime mescolarsi alla pioggia mentre Lupo veniva verso di lui, brandendo minacciosamente quelle fauci d'acciaio; sangue, fango e sudore avevano tracciato arabeschi sui suoi bicipiti e trasformato il suo viso in una maschera di morte.
Quando i loro sguardi si incontrarono per la prima volta, Castagna non si limitò più a orinare; la paura gli strappò via anche l'ultimo barlume di raziocinio.
«Potresti urlare più forte? Sai, nel caso quel corno non abbia già svegliato chiunque da qui al Grande Fiume.»

Castagna non lo sentiva più; si agitò come poteva tra le convulsioni, poi un'ondata di dolore lo investì tra collo e spalle; la testa cominciò a girargli vorticosamente mentre un sapore orrendo gli riempiva la bocca.
Si sentì trascinare nel fango.
In un brevissimo frangente di lucidità realizzò di non essere più intrappolato; poi cadde in deliquio.

(Continua...)

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