Le commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato hanno approvato l'articolo 31 del DDL Sicurezza, una disposizione che conferisce poteri straordinari ai servizi segreti italiani, limitando fortemente i controlli e, come molti critici hanno sottolineato, aprendo la porta a possibili abusi. Questa norma obbliga le amministrazioni pubbliche, le aziende a partecipazione statale, e persino università e ospedali, a cedere qualsiasi dato richiesto dai servizi segreti, anche in deroga alle leggi sulla protezione della privacy. Un aspetto ancora più preoccupante riguarda la legittimazione di atti illeciti da parte degli agenti dei servizi, che potrebbero infiltrarsi e persino dirigere gruppi sovversivi senza incorrere in sanzioni legali. La misura ha suscitato un forte disappunto in numerose frange della società civile, tra cui il Coordinamento nazionale delle Associazioni delle vittime delle stragi, che ha denunciato i potenziali rischi per le libertà e i diritti fondamentali dei cittadini.
L'articolo 31 del DDL Sicurezza modifica la legge del 2007 sulla riforma dei servizi segreti, estendendo le competenze dell'AISE (sicurezza esterna) e dell'AISI (sicurezza interna). La norma impone alle pubbliche amministrazioni, alle società partecipate e a chi fornisce servizi pubblici di collaborare con i servizi segreti senza possibilità di opporsi. In concreto, scuole, ospedali, università e persino le procure dovranno fornire dati personali senza limiti chiari. Inoltre, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) potrà stipulare accordi con enti pubblici e privati per definire modalità di collaborazione e gestione dei dati. Un aspetto cruciale della norma riguarda la possibilità di eludere i vincoli di riservatezza: le informazioni potranno essere comunicate «in deroga alle normative di settore sulla riservatezza». In sostanza, i servizi segreti potranno raccogliere dati sensibili senza restrizioni e senza alcuna protezione per la privacy dei cittadini.
Un altro punto estremamente controverso dell'articolo 31 riguarda la definizione di «condotte scriminabili», ossia atti che normalmente sarebbero considerati reati, ma che non comporteranno alcuna punizione per gli agenti dei servizi segreti. La disposizione introduce cambiamenti significativi nelle operazioni dei servizi, consentendo agli agenti dell'AISI e dell'AISE non solo di infiltrarsi in gruppi illegali, ma anche di gestirli. Secondo un dossier del Servizio Studi del Senato, la misura permette la commissione di reati come la direzione o l’organizzazione di associazioni terroristiche, la detenzione di materiale finalizzato al terrorismo, e la fabbricazione e detenzione di esplosivi. Inoltre, rende permanenti alcune disposizioni introdotte nel 2015, che autorizzano gli agenti a compiere azioni normalmente illegali, giustificate dalla sicurezza nazionale. Tra queste, l'addestramento per scopi terroristici, il finanziamento di attività sovversive e l’incitamento alla violenza. Le preoccupazioni sono amplificate dai precedenti storici delle stragi italiane, dai conflitti politici degli anni '60 agli attentati mafiosi del 1992-93, in cui apparati deviati dello Stato sono stati implicati in depistaggi e anche nell'organizzazione degli attentati.
Il Coordinamento nazionale delle Associazioni delle vittime delle stragi si è opposto fermamente all'articolo 31 del DDL Sicurezza, denunciando la mancata audizione prima della votazione alla Camera dei deputati. Il Coordinamento aveva richiesto formalmente di poter essere ascoltato dalle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali «per un confronto che permettesse di riportare il contenuto del DDL, e in particolare dell'articolo 31, entro limiti costituzionalmente accettabili». La risposta ricevuta, però, ha semplicemente comunicato che i termini per l'audizione erano scaduti e che non era più possibile essere ascoltati, ma solo inviare una memoria scritta. Salvatore Borsellino, membro del Coordinamento, ha spiegato che è stata organizzata una protesta contro l'approvazione della norma. «I vasti poteri che verrebbero conferiti ai Servizi Segreti, per la portata dei mandati a loro assegnati, potrebbero generare una gestione “inappropriata” delle libertà costituzionali e dei diritti fondamentali», ha affermato il Coordinamento in un comunicato. «In questa legge si nascondono potenziali spazi per depistaggi e omissioni, qualora gli agenti siano guidati da interessi che contrastano con i principi della nostra Costituzione e le leggi che garantiscono uno Stato democratico».
Anche l'avvocato ed ex magistrato Antonio Ingroia ha sottolineato i tratti «chiaramente autoritari» del DDL Sicurezza. Ingroia ha osservato che, oltre a introdurre nuove infrazioni e a inasprire le pene, «mettendo in pericolo i diritti costituzionali di riunione e libertà di espressione», con il pretesto di tutelare la sicurezza nazionale, «vengono conferiti poteri straordinari e immunità estese ai Servizi Segreti, senza il controllo parlamentare del Copasir e senza la supervisione della magistratura». Ingroia ha anche fatto riferimento ai passaggi più critici della storia della Repubblica, «segnata dallo stragismo politico, mafioso e terroristico», sottolineando come le deviazioni degli apparati istituzionali abbiano spesso alimentato «trame criminali oscure», oscurando il percorso di attuazione della Costituzione, un processo che resta ancora incompiuto.
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