Rojawa calling... Now!

in #sdf6 years ago (edited)

Oggi non possiamo distogliere lo sguardo.
La Turchia del macellaio dittatore Erdogan, insieme ad Al Qaeda (nascosta dietro la fuorviante sigla Esercito Libero Siriano) hanno deciso unilateralmente di attaccare il cantone curdo siriano di Efrin.
Un attacco violentissimo cominciato ieri con pesanti attacchi aerei (più di cento secondo i turchi) e decine di civili uccisi o feriti.
I curdi e le milizie delle Forze Democratiche Siriano (SDF) hanno sconfitto l’ISIS anche per noi occidentali, hanno creato un governo autonomo e democratico, si sono dati una carta costituzionale modernissima in cui le donne hanno un ruolo sociale, politico e militare, identico a quello degli uomini.
Malgrado questo (o soprattutto per questo), i governi occidentali e la Russia hanno deciso di voltarsi dall’altra parte, nessun media mainstream ha fatto cenno a quello che sta accadendo.
Tutti sembrano sperare che la storia si ripeta: ogni tentativo di rivalsa democratica nel terzo mondo, o nei paesi arabi, deve finire in un bagno di sangue, perché solo pochi sanguinari e corrotti dittatori possano governare quei territori e permettere alle grandi potenze di sfruttarne le risorse.

Noi però sappiamo e per questo non dobbiamo restare in silenzio, diffondiamo informazioni su ogni canale a proposito di quello che sta succedendo in Turchia, non c’è tempo da perdere.

Rojawa calling... Now.!

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http://www.retekurdistan.it/2018/01/21/fermare-la-guerra-della-turchia-contro-i-curdi/

21 gennaio 2018

Attacchi aerei della Turchia colpiscono Afrin, una città curda nel nord della Siria, uccidendo e ferendo molti civiliNon solo curdi, anche cristiani, arabi e tutte le altre entità in Afrin sono sotto un pesante attacco della Turchia.L’aggressione turca contro i popoli di Afrin è un crimine contro l’umanità; non diverso dai crimini commessi dall’ISIS. Iniziare un attacco militare in una regione che non ha ha attaccato è un crimine di guerra

Jet turchi hanno preso di mira 100 obiettivi in aree civili a Afrin e sono rimasti uccisi almeno 6 civili e 1 combattente delle YPG (Unità di Difesa del Popolo) e 2 delle YPJ (Unità di difesa delle donne) sono caduti martiri negli attacchi turchi di sabato su Afrin. Come risultato dell’attacco sono rimasti feriti anche diversi civili.

L’esercito turco invasore ha condotto attacchi aerei su Afrin con l’approvazione della Russia intorno alle 16:00 di sabato pomeriggio. Gli attacchi da parte di 72 jet da combattimento hanno colpito il centro di Afrin, i distretti di Cindirêsê, Reco, Shera, Shêrawa e Mabeta e il campo profughi Rubar. Il campo profughi di Rubar nel distretto di Sherawa di Afrin è abitato da oltre 20.000 rifugiati dalla Siria. L’esercito turco invasore, dopo un fallito tentativo di attaccare via terra, cercano di intimorire la popolazione di Afrin e espellerla verso aree tenute dall’ESL e dalla Turchia.

Il conflitto interno in Siria, che dura da sette anni si è trasformato in una guerra internazionale che è risultata nell’uccisione di migliaia di persone e ha creato milioni di profughi, si stava quasi avvicinando a una conclusione. Il governo turco sotto la guida di Recep Tayyip Erdogan, insieme a Al Qaeda (Heyet Tahrir El Şam), ISIS e con altri gruppi Salafiti ora ha iniziato un’operazione militare verso Afrin, una città curda (cantone) nel nord della Siria. Questo significa un nuovo sanguinoso conflitto che trascinerà la regione in una nuova catastrofe, infliggendo fame, uccidendo altri bambini, espellendo la popolazione locale e creando un’altra crisi umanitaria. In base alla legislazione internazionale questa azione è definita “operazione per l’invasione”.

Né il cantone di Afrin, né le altre regioni del nord della Siria hanno mai attaccato o minacciato di attaccare la Turchia o altre regioni curde del nord della Siria. Di fatto la Turchia ha costantemente minacciato e attaccato villaggi e località per diverse volte negli ultimi anni. La definizione giuridica delle azioni della Turchia in base alla legislazione internazionale è definita “attaccare un Paese sovrano”, invasione del loro territorio e assolto non provocato sui suoi civili. Iniziare un attacco militare contro un Paese che non ti ha attaccato è un crimine di guerra.

L’aggressione della Turchia contro i curdi a Afrin è un palese crimine contro l’umanità; non diverso dai crimini commessi da ISIS. L’ONU e la Comunità Internazionale hanno un obbligo morale e di solidarietà per proteggere il suo più affidabile partner nel difendere l’umanità e nella lotta per la democrazia.

Chiediamo a tutte le aree democratiche e all’opinione pubblica di esprimere solidarietà con il popolo curdo e gli altri popoli della regione e di protestare e condannare l’invasione genocidi della Turchia.
Chiediamo alle Nazioni Unite, alla Comunità Internazionale e alla colazione globale anti-ISIS di entrare in azione per fermare immediatamente questi attacchi. Questi attacchi sono diretti contro centinaia di migliaia di persone a Afrin.
Chiediamo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di entrare in azione al più presto per formare zone di sicurezza nel nord della Siria o all’Est del fiume Eufrate e nelle zone occidentali. Questo porterà ad una soluzione della crisi siriana all’interno della cornice di una legittimità internazionale
Il silenzio della comunità internazionale di fronte a questi attacchi legittimerà una pesante violazione dei diritti umani fondamentali

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22 gennaio 2018

Fuoco di artiglieria, massicci attacchi aerei e ingresso di truppe turche – Ankara ha iniziato una missione militare su larga scala contro la regione di Afrin abitata in prevalenza da curdi e da loro autogovernata. L’invasione è una chiara violazione della legalità internazionale. Perlopiù vengono bombardate zone residenziali, si vuole gettare la popolazione nel panico. E da parte turca vengono impiegate in massa bande islamiste.

L’attacco è diventato possibile perché evidentemente tutte le forze degne di nota coinvolte nella guerra in Siria si sono lasciate coinvolgere in un accordo con la Turchia. La Russia ha ritirato i suoi soldati dalla zona contesa e ha liberato la strada. Gli USA hanno di nuovo tradito i loro »partner dell’alleanza«. E Damasco, che appena due giorni prima dell’inizio dell’operazione cinicamente chiamata da Ankara »Ramo d’Ulivo« si vantava di poter abbattere aerei da combattimento turchi, non ha tirato giù neanche un singolo un jet.

Tutto questo non è sorprendente. Il movimento curdo in Rojava dall’inizio delle proteste rivoluzionarie nel 2011 aveva avviato alleanze tattiche con diverse forze che lottano per l’influenza in Siria. Nell’ambito della »coalizione anti-IS« si è collaborato con gli USA e a Afrin, Aleppo e Deir Al-Sor con la Russia. Questa è stata una tattica giusta, un’altra non c’era.

Tuttavia sia gli USA che anche la Russia ogni hanno fatto concessioni a Recep Tayyip Erdogan quando gli è sembrato opportuno. Un esempio per questo che nell’agosto 2016 il governo turco ha potuto far entrare truppe in Turchia che fino ad oggi tengono occupate Jarabulus e Al-Bab. Un altro il bombardamento del quartier generale delle Unità di Difesa del Popolo ( YPG) a Karacok nell’aprile del 2017.

La rivoluzione in Rojava è basata sulla democrazia dei consigli, democratica, socialista e femminista. Un progetto del genere deve mettere in conto che le sue alleanze con Stati come quelli citati sono in bilico sul filo del rasoio e hanno una data di scadenza. Nessuno lo sapeva meglio che il movimento curdo stesso.

Quello che ora conta è che la rivoluzione non venga abbandonata da quegli alleati non sono tattici ma strategici perché hanno interessi comuni: La sinistra internazionalista deve considerare come propria questa rivoluzione e fare pressione. Pressione vera. Oltre comunicati stampa e prese di posizione sdegnate su Internet.

Soprattutto in Germania perché la combriccola SPD-CDU a Berlino non può nemmeno essere accusata di tradimento. Perché il gabinetto federale è stato sempre fedelmente al fianco di Erdogan. Giusto nel giorno dell’ingresso a Afrin si è saputo che il governo tedesco ha in programma di modernizzare e potenziare i carri armati turchi. Immagini mostrano carri armati »Leopard« sul confine con la Siria. C’è da sperare che di loro resti poco da potenziare.