-“un mio amico ha un gruppo, e stanno cercando un cantante. Conosci per caso qualcuno?”-
-“Al momento non mi viene in mente nessuno, ma posso chiedere ai ragazzi della banda”-
Con i miei amici era prassi parlare dei nostri Hobbies.
In un paese non troppo grande, ci si incontrava spesso, e non c’era granchè da dire ogni volta. Perciò le chiacchierate erano su di noi, a tutto tondo.
Sapevo la posizione in classifica della squadra di calcio in cui giocava uno di loro, le litigate nello spogliatoio e le incomprensioni con il mister.
Sapevo i retroscena della carriera in erba di un altro, arbitro delle giovanili di calcio, con genitori accaniti tifosi dei propri figli, e disposti alla rissa per un fuorigioco non concesso.
E loro sapevano delle mie interminabili processioni, e delle serate che facevo in giro con mio fratello.
Le serate.
Nell’estate 1999, le nostre esibizioni risultavano mentalmente difficili da affrontare.
Fabio, era ormai laureato in Ingegneria Elettronica, aveva un lavoro, ed il suo tempo libero per pensare alle prove e a organizzare il calendario, era risicato.
Io, vivevo nel reverbero di un anno passato ad accarezzare grandi opportunità, e a trovarmi con un pugno di mosche in mano, con in più la preoccupazione di dover intraprendere un nuovo corso di studi in una nuova città, da li a pochissimo.
La nuova coppia di fratelli inoltre, gli “Orfei del matrimonio”, col loro modo di fare intrattenimento, ci avevano dato un bel colpo, e non eravamo intenzionati ad entrare in competizione, sicuri di non poter mettere in scena lo stesso tipo di spettacolo.
La colpa, la imputavo principalmente a me, perché se andavamo a guardare la classifica ai punti, ero l’anello debole della coppia.
Presi singolarmente, io ero molto meno bravo del mio corrispettivo, ma Fabio era decisamente più bravo, oltre che più esperto, del fratello maggiore dei nostri antagonisti. Quindi era ovvio che mi sentissi fuori luogo, nel propormi come sassofonista, visto che in giro c’era decisamente di meglio.
Continuavamo ad avere i nostri contatti, i locali che ci chiamavano con regolarità, e gli amici degli amici.
Per tutti questi, per quello che era una sorta di rispetto verso i fans, cercammo di aggiornare un minimo, il nostro modo di fare musica.
Più spazio alle basi midi, così in voga in quel periodo storico, via una parte del repertorio liscio a favore dei successi del momento e, come novità assoluta, Fabio iniziò a cantare qualche canzone.
Lo spettacolo, a questo punto, era composto da:
-un repertorio prettamente liscio/sofisticato nei brani in cui suonava solo mio fratello.
-alcuni brani suonati in coppia con me, liscio/efficace.
-altri brani cantati da mio fratello, con la base midi ad eseguire tendenzialmente un evergreen, o una hit del momento.
A conti fatti, senza scomodare troppi matematici, io suonavo per circa un terzo della serata. Per tutto il resto del tempo, me ne stavo in un angoletto.
Una domenica, avevamo una festicciola in riva a un lago, partimmo con largo anticipo, non sapendo dove fosse di preciso il posto, e arrivammo altrettanto presto.
Organizzammo il nostro set, e mentre mio fratello metteva a punto le ultime regolazioni, io vagavo come un’anima perduta, ciondolando nel perimetro, annoiato.
Arrivò una ragazza, di cui non ricordo il nome, e mi chiese se volessi fare due chiacchiere, visto il mio stato visibilmente smarrito.
Io, diventai viola Pantone 18-3838, perché sono estremamente timido nelle rare volte in cui si presenta un’occasione del genere, ed accettai goffamente. Facemmo qualche minuto di chiacchiere, sterili, poi raggiunse la sua famiglia, dopo avermi confermato che la sera sarebbe stata anche lei della festa.
Quella sera, fui il Rocky Balboa, the Italian Stallion dell’ottone traspositore.
Scorgevo, tra le poche decine di presenti, quella ragazza, che mi sorrideva affascinata, e mi osservava in tutto il mio splendore, suonando a volume esagerato ed eseguendo tutti i trick del mio repertorio.
Ma, cosa avrebbe pensato di me, che dopo aver suonato una canzone o due, sarei sparito per lunghi minuti nel mio angoletto, cedendo il passo a Fabio? Mi avrebbe sminuito, non era il caso.
Perciò, mi si accese la lampadina, che per definizione illumina e mette in mostra.
Ad ogni canzone in cui mio fratello cantava, prendevo il microfono del sax, regolavo l’asta alla mia altezza, con le movenze di chi sta per cambiare il destino dell’umanità, e mi improvvisavo cantante insieme a lui.
Cori, pezzi di canzone, quello che veniva e/o che mi ricordavo. Tutto a caso.
In questo modo la ragazza, non solo non mi avrebbe visto fermo, immobile ed inutile, ma avrebbe visto la vera mia natura: poliedrica, multifunzionale, ed indispensabile. E modesto, soprattutto.
Scoprii una forza interiore, che proverò a descrivere.
Assomiglia leggermente alla sensazione che si prova prima di un esame, con la stessa immobilità del corpo che cigola, mentre prova a sciogliersi.
Ma quella fatica che si prova a muovere anche un solo muscolo, con una stretta alla stomaco, era contrastata da un’incontenibile euforia, che faceva vibrare le mie corde vocali, e con esse ogni centimetro del mio corpo.
Ogni occhiata che lanciavo a lei, cantando insieme a mio fratello, sostenuta dal suo sguardo, rinnovava il mio entusiasmo.
La libertà che si prova nel primo in giro in bici, da bambini, senza rotelle.
La passione che si scopre al primo bacio, da adolescenti.
L’amore di una mamma, nel primo sguardo al suo neonato.
Tutte insieme, in una sola volta.
Fu incredibile.
Fabio non si oppose a questa mia intraprendenza, mi lasciò libero, e terminammo la serata.
Quella ragazza, fu la chiave di volta, che aprì il cryptex della mia sensibilità artistica. Il suo interesse nei miei confronti, e verso la possibilità che io potessi essere un qualcosa da osservare, da ascoltare e da godere, mi sbloccò qualcosa, che in qualche anno di esibizioni in pubblico, avevo già percepito, ma mai di quell’intensità.
Andò via insieme alla sua famiglia, non c’è alcun risvolto romantico ne’ erotico.
Facemmo ancora un paio di serate, riproponendo la stessa formula. Nessuno dei due era un granchè come cantante, ma come si dice: l’unione fa la forza, e in questo modo ci divertivamo e facevamo divertire.
Fino a quel sabato sera.
Era la festa di una bimba, la sua prima Comunione. Io e Fabio, stavamo procedendo come sempre, e tutto andava avanti senza intoppi.
Lui suonava da solo, poi insieme a me, poi una canzone cantata da solo, poi una canzone cantata insieme a me, e la gente sempre in pista a divertirsi, con camicie fuori dai pantaloni e bicchieri di vino sempre pieni.
La classica festa di famiglia, dove tutti si stanno divertendo, noi compresi.
Fabio, decise di cantare Uomini Soli dei Pooh.
Era un brano efficace, aveva vinto un Sanremo quasi dieci anni prima, ma la conoscevano anche i sassi.
Quel brano, ha un’unica difficoltà, il pezzo del ritornello che fa:
“Dio delle citttuuuuuuàààààààà, e dell’immensitààààà”, dove la voce, fa un salto tonale importante.
Non bisogna aver studiato quaranta anni per cantarla, ma se non ce l’hai nelle corde di natura, non la puoi improvvisare.
Mio fratello lo sapeva bene, e sapeva che per cantarla doveva prima di tutto regolarne la tonalità.
Le basi midi, infatti, hanno fatto la fortuna di cantanti e presunti tali, appunto perché è possibile impostarne la tonalità, riuscendo a far cantare un brano di Celine Dion pure a Mario Biondi, se necessario.
Uomini soli, Fabio riusciva a cantarla un tono sotto l'originale. Bisognava perciò, PRIMA di premere start sulla tastiera, impostare il "tone" a meno due. Se non l’avesse fatto, sarebbe stato un disastro. E se l’avesse fatto una volta partito il brano, si sarebbe sentito un effetto orribile, per niente professionale, che avrebbe generato una figuraccia. Nello spettacolo, infatti, la prima regola è non fermarsi di fronte agli imprevisti. Mai. A costo di prendere i fischi.
“The show must go on”, dice Freddie.
Premette play.
La chitarra midi suonò: “Dan, dadadan, da, da, dan”. E Fabio si voltò subito verso di me, con gli occhi sgranati di chi non riesce a pensare nient’altro che: “Cazzo!”
Anche io avevo avuto la sensazione di note leggermente più di su di quanto mi aspettassi, e lo sguardo di Fabio me ne diede conferma.
Si era dimenticato di aggiustare la tonalità, l’aveva lasciata originale, ed entrambi sapevamo che ci stavamo avviando al peggio. Avremmo steccato vistosamente su una canzone conosciuta da tutti, e avremmo incassato il giudizio impietoso del pubblico.
-“O solo, perché sono dei diversi….Dio delle….”-
su queste due parole, a ridosso del primo ritornello, la voce di Fabio si strappò. Non ne aveva e non ci sarebbe potuto arrivare, semplicemente si fermò.
Io me ne accorsi, istintivamente, e continuai a cantare con più foga perché non avevo più il supporto di mio fratello, e cercai di mascherare la sua assenza. Dal ventre partì un poderoso:
-“Dio delle cittttttuuuuààààààààààà, e dell’immensità, se è vero che ci seeeeeei, e hai viaggiato più di noi”-
Il pubblico, sull’acuto, lanciò delle urla, dei fischi, degli applausi, in automatico. Non c’erano diecimila persone, ma quelle trenta persone che stavano ballando il lento, si esaltarono e sembrarono non dieci, ma centomila. Ed esaltarono me.
Continuai a cantarla da solo, mio fratello l’aveva ormai lasciata nelle mie mani.
Mentre cantavo, ebbi la stessa sensazione che provai nel gioco di sguardi con la ragazza del lago, ma alla fine, con il primo applauso che un pubblico mi abbia mai rivolto, sincero, appassionato, e MIO, provai una sensazione che non si può spiegare.
Il primo tiro di sigaretta, che lascia stonati.
La prima sbronza, che lascia sconvolti.
Il primo orgasmo, che lascia distrutti.
Tutti e tre insieme, in un unico lungo istante, che dura una vita.
Avevo appena capito cosa avrei voluto fare, e cosa avrei dovuto fare.
Io: -“Pronto?”-
Lui: -“Pronto, si. Chi è?”-
Io: -“Mi chiamo Luca, mi hanno dato il tuo numero. Hai un gruppo e cercate un cantante, vero”?-
Lui: -“Ah si! Certo! Magari! Mi chiamo Luca anche io. Ti va di venire uno di questi giorni, così magari facciamo una prova?”-
Io: -“Certo, dimmi pure i brani che devo studiare”-
2 Agosto 1999. La mia esistenza, seppure immersa quotidianamente in un ambiente a rischio, e fino ad allora immune, era appena stata infettata dal virus della musica. Dalla volontà di ESSERE e di FARE il musicista.
The End.
Tutto si conclude nel migliore dei modi, dunque.
Dissolvenza.
Qualche secondo di “nero” e silenzio.
Il pubblico asciuga le lacrime, anche gli sconosciuti si abbracciano, i nemici depongono le armi, le guerre nel mondo finiscono, e Salvini torna a fare il barista, come dovrebbe essere in un mondo ideale.
Fade-in, e reprise inaspettato: si riapra il sipario.
Focus su un sedile di un autobus. Fermo immagine su di me e un mio amico, Matteo.
Ciak in campo, motore, Azione!
28 Agosto 1999
Io e Matteo siamo su un pullman per Roma.
Siamo stati compagni di Liceo e buoni amici per cinque anni, ci eravamo ripromessi di organizzarci per andare ad iscriverci all’Università insieme. Tra una serata, una birra con gli amici, una festa in piazza e una nottata brava, avevamo temporeggiato un po’ troppo, ma non eravamo preoccupati. La scuola iniziava a Settembre, ma non i corsi all’Università, che invece iniziavano a Ottobre o anche Novembre.
Non era tardi.
-“Finalmente, stasera torneremo a casa da studenti Universitari”- dissi a Matteo
-“Già, io dovrò passare anche da mio cugino, per vedere la stanza dove andrò a vivere”- mi rispose.
-“Bhè ti accompagno. Tanto, una volta fatta l’iscrizione in segreteria, abbiamo tempo”-
-“Ma tu sei sicuro che non vuoi venire a vivere con noi, Luca?”- mi propose, di nuovo.
Ero contento che volesse andassi a vivere con lui, ma puntavo ad ottenere un alloggio Universitario, che mi avrebbe permesso di essere più concentrato.
Mi ero messo in testa, che avrei affrontato l’Università con uno spirito diverso da quello che era stato fino a quel momento. Maturo, diligente, studioso, preciso. Insomma, un secchione.
-“Ti ringrazio, sarebbe bellissimo. Ma so già che passeremmo le giornate a fare tutto tranne che studiare. E poi preferisco la Casa dello Studente, è praticamente attaccata a Psicologia, non dovrò fare nemmeno l’abbonamento”- gli risposi.
-“Ma perché ti sei fissato con questa Psicologia, non è meglio Ingegneria?”- mi chiese Matteo
-“Tu sei tutto scemo. Io ho chiuso con i numeri, non li voglio più vedere in vita mia”- risposi, secco.
In segreteria, una volta arrivati, non c’era quasi nessuno.
Andò per primo Matteo, allo sportello.
-“Buongiorno, sono qui per iscrivermi ad Ingegneria Informatica”- disse all’addetto, avvicinandosi al vetro.
Formalizzarono il riconoscimento, la preiscrizione, e il tizio si raccomandò con Matteo di essere puntale al test di ingresso. Non sarebbe stato un test vincolante, la facoltà non era a numero chiuso, ma attitudinale. Avrebbe dato delle indicazioni, sulla reale competenza riguardo il frequentare Ingegneria.
Io non avrei avuto di questi problemi, Psicologia non era ne’ a numero chiuso, ne’ aveva il test di orientamento.
Finito con Matteo, toccò a me.
-“Buongiorno, io invece vorrei effettuare l’iscrizione alla facoltà di Psicologia”- gli chiesi, con il mio sorriso a corredo.
-“Mi dispiace, ma per Psicologia le iscrizioni si sono chiuse ieri. Ieri era l’ultimo giorno”- mi disse, con lo stesso trasporto con cui si dice che il tram è appena passato.
A quei tempi, non c’era Internet e le comunicazioni sui siti ufficiali. A scuola ci avevano detto che le iscrizioni avrebbero chiuso il 28 Agosto, noi andammo il 28 Agosto. Stop.
Nessuno ci aveva detto che la data non era uguale per tutte le facoltà.
-“Come hanno chiuso ieri? Ma non si può fare uno strappo? Sa, veniamo da lontano, non sapevo che chiudesse ieri Psicologia”- dissi, avvolto da un accenno di panico.
-“No, mi dispiace, non posso fare nulla”- disse l’addetto allo sportello.
-“E quale facoltà ha le iscrizioni ancora aperte?”- chiesi, scoraggiato.
-“Solo Ingegneria”- rispose.
Mi voltai verso Matteo. Ero sconvolto.
Ma lui mi sorrise, e disse: “Dai, era destino! Iscriviti, studieremo insieme”
Non potevo riflettere, non c’era da riflettere. Non c’era altra scelta, semplicemente.
-“D’accordo, mi iscriva a Ingegneria per favore”-
-“Bene, che ingegneria?”- mi chiese ancora.
Mi voltai di nuovo verso Matteo, che col labbiale mimò “informatica”.
Rivolsi ultimamente lo sguardo all’addetto:
-“Informatica”-
Mi diede un pezzo di un foglio, strappato da un altro foglio.
-“Ecco qua, buona giornata”-
Epilogo
Rientrato a casa, dove nessuno aveva appoggiato la scelta di Psicologia, perché sarei stato un futuro disoccupato, comunicai che mi ero invece iscritto a Ingegneria.
Danze e festeggiamenti virtuali partirono nelle menti di tutti i miei parenti.
Fabio, Ingegnere Elettronico, mi chiese:
-“Ma sei sicuro che vuoi fare Ingegneria Informatica? Ci sono un sacco di iscritti. Sarà difficile con le lezioni, prendere posto, prenotarsi agli esami. Dovresti fare Ingegneria per l’ambiente e il territorio, è una facoltà nuova, con meno persone e sicuramente con sbocchi maggiori”-
-“Io volevo fare Psicologia. Non Ingegneria. Dici che è meglio? Va bene, tanto per me una cosa vale l’altra, e fino all’iscrizione vera e propria, dopo il test, posso cambiare indirizzo”-
Giù la maschera, dunque, è tempo di presentarmi.
Mi chiamo Luca, in arte Surya. Sono Ingegnere per l’Ambiente e il Territorio, ma lavoro in ambito Informatico, a volte le coincidenze è?
Negli ultimi venti anni sono stato principalmente un musicista professionista.
All’epoca in cui iniziarono i fatti che racconterò avevo più o meno l'aspetto di questo qui sotto
immagine dell'autore
Da questo momento, perciò, possiamo dare inizio alla cronaca di un’ossessione, in cui vi spiegherò Come Diventare Un Musicista Di Successo (CDUMDS)
Epilogo? Secondo me è solo un nuovo capitolo... Un capitolo di svolta, tra l'altro con il primo accenno alla tua carriera di informatico! 😀 Ma ora che hai tirato giù la maschera possiamo organizzare la prossima cena di SPI ? 😜
Finalmente sveleremo come sono diventato un noioso informatico, partendo dal potenziale psicologo con la laurea in sabbia di mare e terra di campo. Sarà uno spasso!!!
Yeeeeeeeeeee 🤯
Alla prossima cena, mi conviene dire di sì. Mi hanno detto degli spogliarelli a inizio e fine serata, non potrò certo mancare!!!
Ecco Psicologia c’era nell’aria, ora mi è tutto più chiaro. Nel tempo libero ti diverti a psicanalizzare le persone!!!
E comunque sono sempre più convinta che a volte il destino ci metta lo zampino, come nel caso della tua scelta dell’università.
Spesso siamo in balia degli eventi, delle persone e dei momenti, momenti che cambiano il nostro percorso.
Periodo di rivelazioni a quanto pare ( volute e non 😂)
Post particolarmente curato e importante, un punto cruciale.
Bravo!
Spesso siamo in balia degli eventi, Martina??? Sempre!!! E tu che svieni ogni tre per due sei candidata ad essere una stimata portabandiera!
grazie
Quindi adesso sarei Martina.
E comunque basta una volta che svengo e di fa presto a dire: svieni ogni tre per due!
È successo pochissime volte, quella della cena la più plateale sicuramente!
Prego 😉
Si, sono sicuro sarai un'ottima Martina. E ci farai le dirette video degli svenimenti!! Vero?????
😐
Ahhahaha che tipi... non credo alle coincidenze... si vede che doveva essere quella la tua strada... e poi, buon per te dai, ti saresti divertito alla grande con tutta quella abbondanza di colleghe, (ce ne sarebbero state abbastanza per te e per il tuo amico pure pensa te che amico fortunato sarebbe stato...!) Ma... in fin dei conti, nonostante la dura rinuncia a questa fantastica opportunità... almeno non sei rimasto povero e pazzo... (come me 😝)
cmq se vuoi ti consiglio qualche libro interessante da leggere!
Ah no??? Non sono povero e pazzo??? E come fai a decretarlo con tutta questa certezza??
Il mio amico, se avessi fatto psicologia, starebbe ancora a studiare la dinamica del l'abbondanza delle colleghe!!!
Perché se infine ti sei laureato in ingegneria e il tuo settore lavorativo pratico è l informatica, posso supporre che i tuoi livelli di povertà e pazzia corrisponderanno più o meno alla media della categoria ingegneri/informatici
Che rispetto alla media della categoria degli psicologi si trova a livelli nettamente diversi...
Fonti bibliografiche:
Pagine Gialle 2016/2017
cioè tu sei andata a farti i conti nelle mie tasche?
Lo sai che secondi il D.G.S 103/2008, questa è una violazione della privacy bella e buona, che analizzando i comma 4,5,6.9 del codice penale, può essere trasformata in violazione di domicilio, con pene (plurale di pena) da anni 4 a 6 di reclusione?
E ancora non hanno preso in considerazione l'aggravante del contromano.
Sono irritato. Irritato.
weee!!! Eccoti qua! Voglio farti la domanda più importante di tutte, ecco: viola Pantone 18-3838 on è una scelta casuale, vero? XD
Musicista e ingegnere, informatico (e giullare). Me gusta!
Storia raccontata in modo brillante, secondo me puoi fare anche lo scrittore, sury :*
Cerco sempre di inserire casualmente particolari che possono sembrare insensati. Ma difficilmente troverai nelle mie sacre scritture qualcosa buttato lì a caso senza senso, @nawamy: sono troppo rompiscatole sul dettaglio nella vita reale per lasciarlo al caso su steemit.
Se fossi stata veramente attenta, e ora ti bacchetto, avresti dovuto chiedermi:
"come hai fatto a diventare di quel colore, che è il colore 2018 di pantone nel 1999?"
E io, tutto d'un pezzo ti avrei risposto:
"non era ancora il colore di pantone, ma come colore esiste da sempre. Ve l'ho chiamato come una cosa moderna solo per farvi capire. Oh, poveri stolti"
Dimmi, non sono un amore???? 😂 😂 😂 😂
Giullare sei 💜💜💜
Un amore di ossessivo-compulsivo :D
In ogni momento importante c'è un Matteo.
Coincidenze?
Io non credo.
un Matteo per domarli, un Matteo per trovarli, un Matteo per ghermirli e nel buio incatenarli
Matteo fantastici e dove trovarli.
Alle volte la vita, proprio :)
Fatti non fummo, per credere alle coincidenze!