Buone notizie quindi🐣. Per la questione orari, che tu sappia segue pure leggi comunali, a parte le linee guida nazionali della chiusura obbligatoria di un giorno a settimana, notturni e ferie di almeno 7 giorni all'anno? Come in Piemonte, supermercati e centri commerciali a parte, alle 19,30 spaccate qualsiasi vendita al minuto chiudeva senza se e senza ma e mia madre era al corrente della multabilità per pochi minuti di ritardo (però non avevo fatto caso che i timori di mia madre si riferivano a un'epoca in cui gli affari erano diversi, dato che ero bambina allora), timorosa del passare della municipale (aveva svariati amici commercianti al minuto), non avevo fatto appunto caso a possibili cambi nel tempo. C'è pure il fatto che in italiani dalla poca o nulla voglia di lavorare mi sarò imbattuta rarissimamente e si trattava proprio di mosche bianche. La quasi totalità delle mie amicizie e conoscenze si disponeva a fare qualsiasi cosa, pur di non restare disoccupato/a. Ma se avevi la sola terza media c'era poco e niente da fare (il titolo giusto che non ti lasciava mai a piedi era il diploma, purchè tecnico o comunque abilitante a qualche professione, quindi no liceo classico, no liceo scientifico e pure no ragioneria da quando per legge sono divenute obbligatorie pure laurea in economia o giurisprudenza, tirocinio biennale con tanto di p. IVA dal 2016 e esame di stato) così come se laureato, al di là di una scuola, ti tiravano fuori la solfa più falsa di Giuda del troppo qualificato, vatti a cercare un impiego all'altezza. Con la storia poi del boicottaggio del commercio italiano promosso dall'allora prefetto della mia città, c'era poco da fare. Che poi altrove la situazione sia migliore, ci credo (ci vuole davvero poco per vedere una situazione migliore del basso Piemonte).
Emigrare: è un invito che propongo volentieri, ma spezzo una lancia per chiunque davvero non può, avendoci genitori anzianotti e pieni di acciacchi. È successo a svariati amici miei, tra i quali pure una carissima amica, con una mamma che è pure vedova. La qual cosa capita molto più spesso di quanto possiamo pensare. Specialmente ora che le circostanze inducono (e d'altra parte è davvero da incoscienti metter su famiglia nei vent'anni senz'arte nè parte, da precari senz'altre risorse o peggio, da disoccupati) appunto a metter su famiglia molto più tardi di quanto facevano i nostri nonni e pure i nostri genitori (occhio: non è una critica perchè sono appunto oltremodo favorevole all'aspettare di essersi prima fatti una posizione). È dunque facilissimo negli anni più favorevoli per emigrare non potersi muovere perchè a 25 o 30 anni hai un genitore ultrasettantenne, anche ottantenne, che non se la passa per niente bene in fatto di salute. E date le diatribe familiari italiane (che appunto asiatici e mediorentali spesso disconoscono), sempre e quando non si tratti di figli unici e dunque niente zii, spesso questi genitori non hanno altri familiari sui quali contare all'infuori dei figli. E questi ultimi ce l'avranno il coraggio di emigrare?
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Beh diciamo che negli anni 80/90 era diverso, ricordo anche io che quando ero bambino la domenica era tutto chiuso, volenti o nolenti!
In realtà le cose sono un po' cambiate; la cosa che bisogna garantire è il giorno di riposo per i dipendenti ed una turnazione che permetta di fare le giuste ore; quindi se hai abbastanza dipendenti per coprire le 24 ore e garantire loro i diritti che gli spettano puoi anche tenere aperto h24, previa comunicazione.
A Reggio Calabria ad esempio di bar aperti H24 sette giorni su sette è pieno, e anche quelli che chiudono di solito lo fanno per poche ore, diciamo tra le tre e le cinque del mattino, in inverno ovviamente molti lavorano meno perché avrebbe poco senso tenere aperto sempre, però anche durante la stagione fredda ci sono alcune caffetterie che tengono aperto tutta la notte tutti i giorni della settimana.
Capisco che a volte non si possa emigrare, resta comunque anche quello un discorso di scelte; si decide di sacrificarsi per stare con un genitore che magari ha bisogno di noi, anche quella è una scelta però se è obbligatoria trovare un modo per vivere dignitosamente diventa imperativo.
In ogni caso ormai i giovani emigrano già a 20 anni giusto per non saper ne leggere ne scrivere, io mi auguro che nostro figlio non sia costretto a farlo e possa decidere lui perché economicamente non avrà questa necessità; una cosa che pensavo proprio l'altro giorno è che dovrò insegnargli a scegliere per la sua vita, so che è brutto a dirsi ma, quando sarà il momento che scelga per il suo bene, io e Reny ce la caveremo e se saremo vecchi decrepiti e malati ce ne andremo in casa di cura... non potrei mai chiedere a mio figlio di sacrificare la sua vita specialmente nella parte migliore per accudire noi; non potrei ne mai lo vorrei.
Per il resto cosa dire non so se ci vuole caraggio, indifferenza, insensibilità , quello che so è che come sempre si tratta di scelte bisogna farla e portarne il peso delle conseguenze.
Se scelgo di restare per accudire un familiare so che forse sacrificherò qualcosa e devo accettarlo, avendo già questo punto di partenza lavorerò per costruirmi una situazione che mi permetta di vivere degnamente anche nel mio paese... in fondo di persone che raggiungono la libertà finanziaria ne esistono abbastanza anche in Italia.
Come sempre bisogna avere il giusto piano ed attuarlo nei giusti tempi e con il giusto impegno ;-)
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Amico mio, che dire...tu e Reny siete genitori coraggiosi e tanto di cappello per voi. Nel nord, comunque, quando non sono i tuoi stessi genitori a farti sentire l'essere più meschino della faccia della terra, ci pensavano i parenti e i conoscenti. Ti assicuro che dalle mie parti capitavano pure quei genitori che non accettavano nè di tondo nè di quadro la fidanzata del figlio perchè glielo portava via e il pargolo di 40 anni, anche 45, era troppo piccolo per pensare di abbandonare la minestra della mamma, guarda, ti sei perso tutti i casi da ricovero per non aver vissuto in Piemonte:
Ti dirò che la mia dose di critiche per aver sposato un brasiliano (e quindi in potenziale abbandono della casa paterna per l'oltreoceano) me l'ero prese dalla segretaria (poi licenziata) del mio dominus la quale non aveva neppure voce in capitolo per metterci il becco, dato che non era neppure mia cugina (quando mi ero fidanzata, stavo svolgendo la pratica forense). Nello stesso periodo, una carissima amica che aveva vissuto per tutta la vita con un papà affetto da una disabilità alquanto invalidante, aveva preso la decisione di sposarsi dopo aver tirato il fidanzamento alle lunghe perchè anche la mamma era diventata disabile, ancor più gravemente del padre, perchè colpita da tre ictus in breve lasso di tempo. La povera donna, anch'essa una cara amica di mia madre (si erano ritrovate ricoverate pure nella stessa RSA nello stesso periodo) s'era ridotta paralizzata dal collo in giù e avendo perso pure l'uso della parola. Aggravandosi la disabilità del padre, stessa RSA pure per lui. La famiglia viveva in una casa popolare che il comune s'era ripresa. Date le condizioni, la madre stava gratis, a spese del comune in RSA e la pensione del padre se ne andava tutta per il suo ricovero. La mia amica aveva dovuto (per forza di cose) licenziarsi dal lavoro per fare da care giver prima del ricovero dei genitori, ma poi dove andava, sotto i ponti? L'unico sostentamento della famiglia era la pensione del papà, di cui lei ovviamente non poteva più usufruire, una volta lui ricoverato vita natural durante. Non avevano nessun bene materiale, ma solo debiti, prima della casa popolare. Il fidanzato della mia amica viveva in una regione distante e l'unico tetto sulla testa per lei era la casa della suocera (perchè oramai lei era senza lavoro e pure il fidanzato). Ma la decisione di sposarsi e andare a vivere fuori regione fu alvo di critiche più pesanti di quelle che m'ero prese. L'unica alternativa della mia amica, peraltro figlia unica, sarebbe stata quella di non sposarsi e vivere da uno zio, condividendo gli spazi con una cugina tossicodipendente, ma i parenti non ne vollero sapere, scegliendo di giudicarla impietosamente.