Santi, Poeti e... Pantofolai

in #ita6 years ago (edited)
copertina

Santi,
Poeti e Pantafolai..

image from pixabay.com
CC0 Creative Commons

Che in Italia la disoccupazione costituisca un serio problema economico e sociale è ormai storia nota. Un mix di problemi di mercato, scelte politiche sbagliate e diseducazione hanno portato il paese a dover sostenere uno dei tassi più elevati di disoccupazione giovanile del mondo occidentale.

L’indagine Eurostat riferita al 2016, però, ha evidenziato una caratteristica fino ad oggi non indagata: i disoccupati italiani tra i 20 e i 34 anni non vogliono cambiare città o paese per migliorare la propria condizione professionale.

Sono cinque i paesi europei in cui la percentuale è più elevata di quella italiana (tra il 60 e il 70% a seconda delle aree): Polonia, Malta, Olanda, Cipro, Romania e Danimarca.

Il 98% dei giovani lavoratori ha cercato e trovato un impiego nella propria città di origine: un dato più elevato della media europea, attestata attorno all’88/90%.
Tutti gli altri stanno progressivamente rifiutando la mobilità.

Sei disoccupati su dieci preferiscono vivere alle spalle delle famiglie piuttosto che lasciare il nido.
Nel resto dell’Europa è circa il 50% la quota di giovani che preferirebbe rimanere nella propria città. I giovani più coraggiosi sembrano essere finlandesi, spagnoli e svedesi.

Invece, nel Belpaese, solo il 21% è disposto a cambiare città pur rimanendo in Italia, il 12% andrebbe anche in una città europea, il 17% potrebbe considerare di vivere anche fuori dall’UE.

Insomma il quadro attuale è questo:

• Il 2% dei giovani ha cambiato stato per lavoro
• L’1% ha cambiato solo città, ma è rimasto a vivere in Italia
• Il 98% non si è mai spostato

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Alla faccia del popolo di navigatori del detto!

Stabilità, prospettive a lungo termine, immobilismo. Sembra essere questa la visione dei giovani italiani.
Visione che sembra più uscire da un prospetto anni ’60, che dal III millennio della globalizzazione e della mobilità.

Cos’è successo, perché abbiamo educato i ragazzi al giardino anziché al mondo?

Qualcuno potrebbe semplificare la situazione imputando la colpa ai contratti a termine, alle basse retribuzioni, ai lavori stagionali che non permettono di creare progetti di ampio respiro.
Ma anche negli anni ’90, quando la crisi non era nemmeno un miraggio, più del 60% degli uomini over 35 viveva con mamma e papà.
La spiegazione del lavoro non sembra essere dunque sufficiente.

Proviamo ad analizzare il fattore educativo.

La Danimarca “caccia” i propri figli di casa attorno ai 16/18 anni. Non è un processo violento o imposto dall’alto: semplicemente, finite le scuole superiori, i ragazzi iniziano a sperimentare la vita in autonomia. Si stima che sia circa il 2% dei giovani a vivere ancora con i genitori.

In Italia invece, a prescindere dall’impiego, il 52% delle ragazze e il 64% dei ragazzi vive a casa con i genitori, anche se già lavora.
Forse bisogna indagare più approfonditamente della spicciola risposta: “Eh, il lavoro…”, forse bisogna leggere più criticamente la costruzione dei rapporti familiari.

CCO Creative Commons - Pixabay

L’Italia è un paese di mammoni. Non lo dico io, ma la dura, fredda statistica. Tra sessismo e mos maiorum, la donna è tale solo quando diventa madre: insomma, nei secoli si è creato un paese “mammocentrico”.
Il patrio (o matrio) ostello di leopardiana memoria sembra il riflesso di quella considerazione così preminente della figura materna in famiglia.
Insomma: se manca la mamma, il mondo potrebbe crollare da un momento all’altro.
Quanti ne ho sentiti, di figli maschi dire: “Aspetto a fare il bucato perché non so accendere la lavatrice, quando torna mia madre ci pensa lei”.

Trattati come imperatori di tre anni anche superati i trenta, non esiste sforzo sulle spalle di chi vive con i genitori: dalle bollette alle pulizie, dalla spesa alla cucina, tutto grava su qualcun altro, sull’incrocio perfetto tra la nutrice e la colf che mammà rappresenta.

Insomma, le famiglie italiane sembrano, di media, un coacervo di due considerazioni sbagliate alla radice:
• I figli non saranno mai abbastanza bravi, svegli, intelligenti, pronti, sicuri di sé per spiccare il volo, prendere delle scelte autonome, portare a termine dei compiti precisi
• I genitori non saranno mai pronti per tornare ad essere soli, convinti come sono che solo nella presenza dei figli si trovi la gioia della maturità

La relazione tanto stretta (solo la Slovacchia ci batte) tra genitori e figli in Italia ha inficiato tutti gli aspetti della vita quotidiana: il lavoro non c’è anche perché non si vuole andare a cercarlo, la fidanzata non arriva perché siamo onesti, chi è che si fidanzerebbe volentieri con un trentacinquenne che si fa lavare i calzini dalla mamma?, gli amici ormai hanno preso il largo e noi… a guardare il telegiornale a tavola con papà che commenta e mamma che annuisce.

Eh… Santi, poeti e pantofolai.

A PRESTO.

Immagine di Copertina: CCO Creative Commons - Pixabay

N.b.: L'impaginazione di questo post, almeno nella parte iniziale prende spunto dallo stile del maestro @Alexzicky al quale porgo un rispettoso saluto.

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E' una fotografia di uno spaccato d'Italia dai caratteristici ed inconfondibili caratteri, e mia mamma (che ha comunque evidenti attenuanti) è la classica mamma pronta a buttarsi nel fuoco per me, e questo fino ad un certo punto ci può anche stare, ma la sua natura si rivela in tutta la sua ampiezza quando scendevo le scale di casa qualche settimana fa, e mi dice:
"Dii, sei calato?? Ti fanno una loffa (loffa = grinze) dietro quei pantaloni....
"Un kg, al momento, ma mi sono sgonfiato parecchio, ho perso 6 centimetri in vita."
"Infatti, è quello che ti ho visto sciupato in faccia...."
"Ma, sono ancora 89 kg, che cazzo hai visto?!??!?!"
"Ehhh, si vede, si vede, io ti ho visto subito..."
Cosa le vuoi dire, lasci perdere e stai zitto, prima ero grosso, adesso sono "sciupato", va mai bene niente???

Un gran bel post Frank!

Infatti...mi hai dato ispirazione per il mio!
https://steemit.com/ita/@camomilla/mamme-e-mammoni

Grazie @camomilla. Sono molto contento ed onorato di averti stimolato a scrivere su questo argomento.

Post davvero interessante Frank, hai centrato il vero problema degli uomini, che non per ironia ma per una triste realtà, sono davvero come tu li descrivi, e più si va al sud più la situazione peggiora...sono la prima a dire che appena mio figlio sarà grande e maturo abbastanza( perchè bisogna anche valutare come diventerà) dovrà farsi una vita sua, dovrà viaggiare e crearsi il suo futuro, perchè così ho fatto io a 19 anni, e lo rifarei altre mille volte.
Mi arrabbio quando sento le nonne che dicono fin da piccolo poverino per ogni cosa, inizia tutto da questo poverino, che non è altro che una parola che racchiude tutto:
Sono qui, non preoccuparti, ti aiuto io, tu non devi fare nulla ecc ecc..e il bimbo si gongola fin dall'infanzia!
Ne abbiamo di strada da fare.

"poverino" tipica frase nonnesca del sud Italia..... accompagnata sempre dall'espressione "ti vedo sciupato" nelle varie forme dialettali....
In bocca al lupo per tuo figlio!! e grazie per essere passata..

Come già scrive @mad-runner, questo articolo è una fotografia di un'Italia in paralisi. Posso portare l'esempio concreto della mia famiglia, a supporto: io sono emigrata, stanca delle condizioni di lavoro e di vita insopportabili, ho cambiato paese e ho scoperto che è difficile, fa paura, ma è anche un'esperienza con dei risvolti positivi (distanza a parte, mi mancano da morire amici e parenti e alle volte è straziante: immagina quando non è possibile prenotare in tempo un volo e non hai la possibilità di dire addio a una nonna, a una zia, a un amico; immagina quando vedi i tuoi genitori tre o quattro volte l'anno e ogni volta li vedi più vecchi e muori un po' dentro...). Dall'altra parte, mia sorella non ne vuole sapere di tentare la stessa strada e rimane intrappolata in quel circolo vizioso di dipendenza dalla famiglia, seppur meno in termini di "mammonismo" (niente paghetta, va'!), ma non vuole proprio andarsene da Palermo! Sarà per amore della propria città o per paura? Non lo so. So solo che la mancanza di prospettive a lungo termine può essere una causa di frustrazione enorme, secondo me sta alla base della rabbia enorme del popolo italiano (soprattutto dei giovani). A volte si pretende un cambiamento ma ci si aspetta che esso arrivi dall'alto, che ci cada addosso come un'ondata di pioggia; finché non cambiamo noi stessi, la nostra prospettiva, le nostre idee e il nostro atteggiamento, il cambiamento non può attuarsi.

Ho amici che sono partiti, hanno provato a cambiare il proprio destino fuori; dopo anni, sono rientrati a casa, non da mammoni ma da autori del cambiamento. E combattono, dimostrano ogni giorno che si può essere protagonisti attivi e non passivi eterni adolescenti che stanno fermi ad aspettare che qualcosa succeda.
Tempo fa', a volte invidiavo chi poteva permettersi di non lavorare, chi viveva supportato al massimo dalla famiglia (eccessivamente); io sono stata tirata su a pane e responsabilità e per questo sono grata ai miei, ma è anche vero che quando vedevo qualche compagno di scuola col motorino nuovo comprato dai genitori, col super cellulare modernissimo e costosissimo, a volte mi sentivo inferiore perché io non potevo permettermi tutte quelle cose. Alla lunga e col senno di poi, vedo quelle stesse persone, oggi, spesso incapaci di trovare un modo per rendersi indipendenti, vivono a casa dei genitori con la paghetta a trent'anni; io nel frattempo sono consapevole delle mie possibilità economiche al di fuori del mio nucleo famigliare e progetto la mia vita anche grazie ai miei genitori che hanno saputo farsi da parte e lasciarmi i miei spazi; mia sorella, nelle stesse condizioni, invece, è bloccata dalla paura e non riesce a vedere al di là del suo naso.

Hai ragione quando dici che il problema va analizzato su più fronti, è una cosa complessa; occorre un cambiamento radicale e massiccio per risolvere!

Scusami per il super commento, probabilmente avrei dovuto optare per un post a parte ahahaha! Grazie per la condivisione, questo tema mi tocca personalmente in modo profondo, è una riflessione che occorre promuovere e diffondere secondo me.

PS: Io sono pantofolaia, comunque, anche fuori da casa di mammà XD

@nawamy grazie. La tua testimonianza vale 100 o 1000 articoli sull'argomento. Sono ammirato nel vedere la tua consapevolezza, di quello che eri stata, quella che sei e quella che mi auguro un giorno molto vicino, diventerai. Credo che tutti i discorsi sull'argomento siano validi ma che non esista comunque una soluzione che accontenti tutti. Ognuno di noi è padrone o meno di tagliare quel cordone ombelicale che ci tiene legati agli affetti familiari agli amici o alla nostra terra natale. Io ad es. sono figlio unico e come tale i miei genitori non mi hanno fatto davvero mancare nulla durante la mia adolescenza. Nonostante questo però mi sono sentito in dovere di creare i miei spazi, studiando fuori sede e facendo di tutto per non pesare sul'economia della famiglia. Capisco i tuoi sentimenti quando ti riferisci alla lontananza sono stati gli stessi a non farmi prendere la strada definitiva lontano da casa. E qui mi riallaccio all'articolo di @camomilla dove sottolinea appunto che in certi casi la sensibilità verso gli affetti familiari è un problema (o forse no) tutto italiano. In fin dei conti oggi sono felicemente residente dove sono nato, mi sforzo continuamente di costruire un qualcosa per il territorio e per i più giovani giusto per dare una chance a qualcuno a non andare via. Resto fermo cmq sull'idea che oggi da un punto di vista educativo ed esperenziale sia obbligatorio uscire fuori dalla gonnellina di mamma.

Ciao franky4dita, complimenti! Hai restituito un'immagine decisamente reale seppur non tanto onorevole della situazione del nostro Paese, ma lo hai fatto con garbo e leggerezza... bravo! Ci si legge! ;)

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